Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/92

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più. Era quindi inutile voler cercare oltre la vita qualche cosa che non doveva dipenderne; poi vi era questa differenza: gli uomini, uccidendo, sentivano tutti di commettere un delitto, mentre uccidendosi sentono solo di essere infelici. Infatti egli non sapeva altro, non era sicuro di aver ragione, ma la sua tristezza nell’accettare la morte era scevra dai rimorsi, che avevano accompagnato tante altre sue colpe. Questa volta non avrebbe fatto male ad alcuno sottraendosi ad una condanna, che in lui colpirebbe Caterina e i bambini. Sciaguratamente non v’era altra soluzione. Il suo suicidio non era rifiuto della vita, perchè non se ne era anzi sentito mai così pieno: vivere nella propria casa tranquilla con Caterina e i bambini, amministrare il piccolo patrimonio, aiutarlo con qualche guadagno, fare la partita al caffè, mandare innanzi i figli finchè, diventati grandi, non avessero più bisogno di lui, sarebbe stato un idillio, era l’idillio di quasi tutta la gente! Egli doveva invece suicidarsi, appunto per averlo reso impossibile. Il suo suicidio non aveva quindi le ribellioni pessimiste, che sole possono renderlo tale; come quei coscritti, che affrontano la morte agli avamposti, perchè fuggendo dovrebbero sopportare umiliazioni e pene troppo amare, egli non avrebbe voluto nè la battaglia nè la morte, e subendo l’una e l’altra si riconosceva senza volontà. Era così, perchè era così.

Questa conclusione vuota fu l’ultima. Allora, perchè era venuto lì? Che cosa vi aveva risoluto? Sulla campagna luminosa e calda il cielo si era fatto di una serenità abbagliante, nell’aria passavano ondate di fremiti. Eppure avrebbe dovuto aver deciso qualche cosa, essersi preparato per quella giornata!