Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/93

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Vi era ancora una speranza? Come contenersi? Questa domanda non ne nascondeva che un’altra: era dunque stabilito?

Tale decisione restava però fuori del suo spirito, giacchè non ne provava ancora tutto il peso.

— Che cosa faccio qui? — si chiese con un sussulto.

A casa sua pranzavano circa al tocco e mezzo: lo aspettavano, manderebbero fuori la serva a cercarlo.

Si figurò vivamente la scena. Se non tornava più a casa, dove passare tutta la giornata? Rimaneva perplesso, tutte le angoscie della notte lo riassalivano, eppure non gli veniva nella mente di poterlo finire subito. Più tardi, di notte, solo, in qualche altro luogo, ma allora no. Era impossibile.

Si era assegnato un giorno, vi aveva diritto.

Poi gli sembrava di avere molte altre cose da fare, lettere da scrivere, vedere qualcuno, rientrare ancora fra gli altri, prima di non vederli più. Aveva bisogno della notte, adesso tutto lo distraeva.

Si avviò per ritornare, ma appena ebbe presa questa decisione, ridivenne triste triste; sentì che tutto era finalmente stabilito, non tornerebbe più in campagna, non rivedrebbe più quel luogo. Era la sua ultima passeggiata da solo, che nessuno conoscerebbe mai, e nella quale aveva risoluto di morire. Comminava a testa bassa, non sentiva più la vivezza dell’aria, la vampa del sole, il fresco del verde: il suo sguardo si chinava su quel letto di fiume melmoso, squallido, abbandonato, senza un rumore nè un guizzo nelle pozzanghere d’acqua indolenti sotto al sole.

E l’idea della morte seguitava nel suo spirito come quel letto di fiume invisibile fra i campi.