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trove (Icoane din Carpați) ci dà quadretti deliziosi di paesaggi. Descrive anche la vita e le occupazioni dei contadini, ma senza la profondità del Coșbuc, al quale somiglia anche per il suo amore per la poesia popolare, da cui, ripulendola e raffinandola, tolse spesso l’ispirazione. Tradusse anche molto da lingue straniere (dal Verlaine, Bürger, Goethe, Schiller, Lenau, Uhland, G. Keller, Shakespeare, ecc.). Dall’italiano tradusse qualche poesia del Carducci delle meno importanti. In collaborazione coll’Anghel scrisse «Legenda funigeilor» (1) e la commedia in versi «Cometa» di sapore rostandiano. In esse, come anche nel «Caleidoscopul lui Mirea» (Il caleidoscopio di Mirea) e nel «Cireșul lui Lucullo» (Il ciliegio di Lucullo) l’influsso di Anghel è da considerarsi preponderante.

Le poesie di Anghel apparvero da principio in due volumi intitolati rispettivamente: «In gradină» (Nel giardino) e «Fantazii» (Fantasie), ma ora si possono leggere nel primo volume delle sue «Opere complecte» pubblicate dalla «Cartea românească», sotto il titolo di «Poezii».

Ne togliamo quella intitolata «Vezuviul» (Il Vesuvio), che il Lovinescu («Istoria Literaturii Române Contimporane», vol. III: «Evoluția poeziei lirice») considera a ragione come il suo capolavoro:


IL VESUVIO


Chiomato fui un tempo come il biblico Sansone:
alle mie falde Pompei marmorea al sole
dormiva spensierata nell’antico suo splendore,
come dorme una schiava sui gradini di un trono...

E sulla trasparenza dell’acqua del golfo, sotto il cielo caldo,
bella come Dalila dorme l’antica città
come in un orecchino oscillante che pende da un orecchio
tremula un’enorme pietra di smeraldo.

Tumultuosa, spumante a valle come una cascata,
dando all’aria le chiome di vigne e d’aranceti,
io, a seconda delle stagioni, sul corpo suo di neve
alternavo macchie rosse o verdi o violette...

  1. Funigei si dicono in rumeno quei filamenti bianchi che volan per l’aria a primavera.