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nata come una necessità dell’esser mio! In quale cosmografia hai mai letto che al momento stesso in cui scompaiono i satelliti, scompare anche il pianeta?... Capisco ora le tue arie di superiorità... Bambina! La terra è un vivaio d’idioti!
Tofana. — Ti ho dato il denaro perchè mi lasci in pace (entra Crina). Benvenuta, Crina: così potrò liberarmi da questo pazzo!
SCENA II.
Crina. — Di nuovo litigate?
Sbiltz (s’inginocchia davanti a Crina).
Crina. — Che fate, signor Sbiltz?
Tofana. — Alzati... Non vedi che la spaventi?
Sbiltz. — Ecco il solo essere umano davanti al quale mi prosterno!
Tofana (facendolo alzare per forza). — Sei proprio divenuto insopportabile!
Sbiltz. — Se tu sei al quarto anno, non dimenticare che io fo da pun tello all’Università da dodici anni. Rispetta i veterani!
Tofana. — Andiamo di là, Crina. (S’avvia verso la porta di destra).
Sbiltz (prende Crina per mano). — Resta.
Tofana, — Vieni, Crina?
Crina. — Ma se non mi lascia... (Tofana esce).
(Trad. di Ramiro Ortiz).
Da «L’uomo dal ronzino» di G. Ciprian.
Atto I, Scena III.
Chirica. — Cari miei, oggi per la prima volta in vita mia son riuscito a fare anch’io quel che si dice «un affare».
Varlaam. — Tu?
Chirica. — Io. E l’ho fatto! Era un pezzo che un tale mi aveva promesso certi soldi e mi rimandava dall’oggi al domani. Oggi finalmente si è deciso a darmeli. Ancora un po’ di pazienza e non penseremo più al domani.
Varlaam. — Quanto hai incassato?
Chirica. — Tremila lire.
Varlaam (sorridendo). — E questo sarebbe...
Chirica. — Lasciami finire. Con quei soldi non avrei potuto pagare neppur la metà dei miei debiti. Averli incassati o no, sarebbe lo stesso. E allora mi son detto: caro mio, tutto per tutto!
Anna (rapidamente). — Te li sei giocati!
Chirica. — Sciocchezze simili le lascio fare agli altri. Per ora li ho messi in serbo, li ho chiusi in una miniera d’oro. Indovinate che ne ho fatto? Che cosa ho comprato con tremila lire?
Varlaam. — Azioni?
Chirica. — Fossi matto!
Varlaam. — Tappeti antichi?