Pagina:Ortiz - Letteratura romena, 1941.djvu/48

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Cogli «Elementa linguae daco-romanae sive valachicae» (Buda, 1780) di Samuil Micu e Gheorghe Sincai, la «Orthographia romana sive latino-valachica» (Buda, 1819), la «Istoria pentru inceputul Românilor in Dachia» (Buda, 1812) e del «Lexicon românesc, latinesc și unguresc» (Buda, 1825) di Petru Maior; incomincia l’attività di quella Scuola latinista di Transilvania che, con numerosi opuscoli pubblicati a Blaj, la cittadella del cattolicismo transilvano e residenza del vescovo unito, si proponeva l’abolizione dell’alfabeto cirillico (1) e la sostituzione delle parole d’origine slava con altrettante ricalcate sul latino.

Affermatasi sempre più in Transilvania per mezzo degli scritti di Simion Bărnutiu (1816-1864), Gheorghe Barit (1612-1893), Andrei Muresianu (1816-1864) e Timotei Cipariu (1805-1887) ed in Bucovina con Aron Pumnu (1818-1866), la Scuola latinista di Transilvania passa nella Romania propriamente detta (Valacchia e Moldavia) con Gheorghe Lazăr (1772-1824) ed August Treboniu Laurian (1810-1881) che, insieme col suo allievo I. C. Maximu, pubblicò per incarico dell’ «Accademia Romena» un dizionario («Dicționar al limbei române») in due volumi (1871-76), dal quale erano state escluse tutte le parole di origine slava e che rappresenta l’apice del movimento latinista.

Diamo qui un frammento del «Dialog pentru începutul limbei române» (Dialogo sulle origini della lingua romena) di Petru Maior come esempio delle teorie della scuola latinista:

PETRU MAIOR:

Dialogul pentru începutul limbei române


Nipote. — Nelle lingue italiana, gallica e spagnuola sembra ci siano parole latine in maggior numero che nella lingua romena. Da ciò argomento che la lingua romena si è corrotta ed a cagion di tale corruzione difficilmente gli Italiani possono intendersi coi Romeni nella conversazione.

Zio. — Gli Italiani, gli Spagnuoli e i Francesi, fin da quando hanno abbracciato la religione cristiana, han conservato nella loro chiesa la lingua latina colta. Per migliaia d’anni tra questi popoli non si scrivevan libri che nella lingua latina letteraria. I Romeni invece, per tutto quel tempo, non

  1. L’alfabeto cioè introdotto tra le popolazioni di razza slava (che fino ad allora si erano serviti di quello glagolitico) dai santi Cirillo e Metodio (secolo IX). Il romeno si servì di quest’alfabeto fino al 1860 quando fu abolito e sostituito da quello latino.