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genovesi e veneziane gittaron l’ancora nei porti di Caffa e di Tana; non posso far sì ch’io non rivegga in una luce di simbolo il bel quadro di Tranquillo Cremona rappresentante Marco Polo e il Gran Can dei Tartari. Il quadro rimonta al 1863; ma io ho avuto la fortuna di vederlo nell’estate del 1912, quando, celebrato degnamente il cinquantenario della sua unità nazionale, la terza Italia si accingeva a ritentar col rostro delle sue triremi e le carene profonde delle sue navi onerarie il solco non chiuso ancora delle prore liguri e venete. Scendendo ai Giardini, mentre un’acquerugiola minuta mi spruzzava il volto e le mani, avevo ancora innanzi agli occhi i quattro grandi e silenziosi cacciatorpedinieri grigi che la mia gondola aveva pocanzi sfiorati reduci dalla bella gesta di civiltà e di gloria. La vasta sala dell’Esposizione taceva, completamente vuota ed il quadro mi parlò. Incominciò col ricordarmi il folle e divino volo dell’Ulisse dantesco e la tendenza tutta propria dell’anima italiana a

      ...divenir del mondo esperta
e dell’umana gente e del valore;

rievocò quindi davanti alla mia fantasia, ancora commossa per aver visto il quadro pochi momenti prima, il Bucintoro del Previati, sulla cui prora m’era sembrato poter leggere in una scritta d’oro e di sangue il comando augurale del D’Annunzio alla sua Nave simbolica:

Arma la prora e salpa verso il mondo;

    tor italian în Turcia și Moldova în timpul răsboiului cu Polonia in Analele Academiei Române (Mem. Secțiunii Istorice) Seria II, Tomul XXXIII (1910— -1911), pp. 35 sgg. Quanto alle vecchie opere di M. G. Canale, Storia del Commercio, de’ viaggi, delle scoperte e carte nautiche degli Italiani, Genova, 1866 e di G. Branca, Storia dei viaggiatori italiani, Torino, Paravia, 1873, malgrado i difetti rilevati dall’Amat di San Filippo a p. XIX della citata Bibliografia, e anche dopo l’apparizione del buon volume di Carlo Errera, L’epoca delle grandi scoperte geografiche, Milano, Hoepli, 1910; mette ancora conto il consultarle, specie per quanto riguarda i viaggiatori genovesi dei quali il primo si occupa a preferenza, e quelli più recenti del Secolo XVIII che particolaramente c’interessano, dei quali il secondo tratta con molta erudizione e discernimento critico. Di quella Storia dei viaggiatori italiani che l’Amat di San Filippo si riprometteva di scrivere e che „allo studio diligente degli uomini e delle cose” avrebbe accoppiato „alcune carte dove” sarebbero state „disegnate le peregrinazioni dei maggiori fra i nostri viaggiatori di terra e di mare”, non ho notizia.