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β) Viaggi a fine di cultura. — Enea Silvio Piccolomini. — Che può mai saltar fuori da un codice.
Viaggi ad ogni modo affrontati unicamente a scopo di cultura non ne troviamo prima del quattrocento e nulla sarebbe più interessante per la storia dello spirito avventuriero del popolo italiano, che il ritesserne la storia. Il che naturalmente ci guarderemo bene dal fare, conscii come siamo del lungo cammino che abbiamo ancora a fornire. Accenneremo dunque brevemente. Il movimento comincia si può dire col Petrarca e col Boccaccio; diviene intensissimo durante tutto il secolo XV, quando il Guarino incanutiva dal dispiacere di aver perduto in un naufragio tutto un prezioso carico di manoscritti greci ch’egli recava da Costantinopoli in Italia, ed Enea Silvio Piccolomini, nel descriver le sue peregrinazioni attraverso l’Europa, piegava il latino ad esprimere il più delicato e moderno sentimento della natura; decade infine nel secolo seguente per risorger sotto un aspetto alquanto diverso nei secoli XVII e XVIII, in cui la smania dei viaggi crebbe al punto da presentare i caratteri di una vera a propria malattia epidemica! Un esempio della decadenza, in cui si trovava lo spirito avventuriero nel secolo XVI, può offrircelo l’Ariosto, del quale son noti i versi, in cui, lagnandosi del Cardinal d’Este che non gli dava requie, al punto d’averlo ridotto di poeta „cavallaro“, protesta che a lui piace sì di viaggiare, ma colla fantasia e su di un buon atlante, senza scomodarsi dalla sua poltrona e soprattutto senza allontanarsi da quella sua dolce casetta di Mirasole e dal giardino dove i capperi famosi gli giocarono il tiro di trasformarsi in sambuchi. Quanto agli eccessi, ai quali nel sec. XVIII poteva condur la mania divenuta talvolta pericolosa di viaggiare, basterà ricordare, senza allontanarci dalla Rumania la fuga romantica de’ figli di Ipsilanti, che provocaron la caduta del Voda, e l’ambasceria, ricca di discorsi e lettere italiane, di Ienachità Vàcarescu. Ritornando ora per poco al Piccolomini e alle relazioni che i viaggi d’italiani in Rumania mi sembrano avere col movimento della Rinascita, e considerando soprattutto come non sia impossibile, che, dall’una o dall’altra (da quella in Ungheria p. es.) di quelle peregrinazioni così elegantemente descritte da Enea Silvio in quel suo latino così classico e così moderno, fosse potuta balenargli