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3. che manifestamente il Văcărescu scrisse altre poesie all’infuori dei poveri saggi riportati come esempi nella Grammatica;

4. che tra le poesie ancora inedite contenute nei citati mss. miscellanei dell’Accademia Rumena è generale opinione se ne trovino anche parecchie di Ienăchiță;

5. che Ienăchiță conosceva benissimo l’italiano.

Per quanto dunque, allo stato presente delle cose, tra le poesie che possono con sicurezza attribuirsi a lui, non ci risulti alcuna influenza metastasiana; potrebbe ben darsi che, messo un po’ d’ordine in quella farragine di fogli e di fogliuzzi multicolori che contengono indiviso il patrimonio poetico dei Văcărești, l’influenza metastasiana saltasse un bel giorno agli occhi, com’è saltata di recente quella goethiana.1 Per ora contentiamoci di dar qualche notizia della vita di codesto sfegatato ammiratore del nostro poeta e d’indagare quali conoscenze avesse della nostra lingua e, poichè insieme col Metastasio cita anche il Petrarca, il Tasso e l’Ariosto (diciamo pure le gros mot, ma il lettore non si faccia troppe illusioni), della nostra letteratura.

Da Ștefan Văcărescu, Vornic di Târgoviște e più tardi Grande Spătar e dalla bellissima Catinca Donea nacque intorno al 1740 il nostro Ienăchiță. Apparteneva a una famiglia, in cui l’amore del sapere e le virtù cittadine erano per così dire ereditarie, sicchè non è meraviglia se la sua educazione fosse, come ci fa sapere l’Odobescu, „accuratissima fin dai primi anni”2. Un tal Neofit Kausocolivit gli aperse i tesori della lingua, della retorica e della storia greca; „un tedesco, per nome Weber, gli spiegò le regole della lingua latina; altri professori gl’insegnaron l’italiano e il francese; gli hogi turchi lo familiarizzarono colla lingua e la letteratura ottomana, che negli ultimi anni conosceva a fondo”3. La conoscenza di tutte queste lingue



  1. Cfr. Ovid Densusianu, Ienachiță Văcărescu in Revista Universitară pentru cursuri si conferințe, I (1900) p. 177.
  2. [„de la început prea îngrijită”].
  3. [ „un German anume Weber îi explică regulele limbei latine; alți profesori îl învățară italienește, franțușește,și hogi il familiarizară cu limba și literatura otomană pe care în urmă le cunoștea foarte bine”]. Cfr. Th. D. Sperantia, Scriitori vechi (n. 500 della Biblioteca pentru toți), București, Alcalay, 1909, pp. 9-10. Il passo citato è in Odobescu, op. cit., I, p. 260, alla quale, cum grano salis, lo Speranția dice di attingere le sue notizie.