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Confuso più non sono
Quando mi vieni appresso;
Col mio rivale istesso
Posso di te parlar,

— spira quell’aura di serenità classica e pastorale che vediam nei ritratti aleggiar sulla fronte incipriata e senza rughe del cantor della Primavera— ;

Quanto mi sei cara puoi veder bene:
Col mio rivale posso or di te
Parlar senz’ombra di gelosia,

— malgrado, a bella posta, mi sia industriato d’aggiungere un che di decoro alla nuda traduzione letterale (= Puoi veder bene quanto mi sei cara: senza gelosia ora di te anche col mio rivale posso parlare), lascia intravvedere un ghigno volgarmente sarcastico, che, per fortuna, il settecento non conobbe, ed è, se mai, una specialità tutta romantica e moderna:

La colpa ad ogni modo non è dell’Alexandrescu, che non ha fatto se non tradurre assai fedelmente i seguenti versi francesi:

Juge enfin eomme je t’aime:
Avec mon rivai mème
Je pourrois parler de toi,

ma del Rousseau, cui, se Dio vuole, essi appartengono. Che infatti l’Alexandrescu traduca dal francese1, potrà vedersi chiaramente non appena avremo posto a confronto le due traduzioni col testo italiano:


  1. Risulta infatti da una sua lettera a Ion Ghica (22 febbraio 1850) recentemente pubblicata dal Lovinescu (cfr. Scrisorile lui Grigore Alexandrescu călre Ion Ghica, in Convorbiri literare, XLV (1911), p. 753) che l’Alexandrescu non sapeva l’italiano: „Mi s’au dat din parte-ți niște versuri italienesti a le traduce, dare se afla încă asa nepipăite, precum le-am primit, întâi pentrucă nu știu italieneste, și apoi pentrucă dispozițiile in care mă aflu acum nu mă iartă a mă ocupa de nici un fel de lucru și încă mai puțin de poezie”. [Mi si son dati a tradurre da parte tua certi versi italiani, che però son rimasti lì vergini come li ho ricevuti, in primo luogo perchè non conosco l’italiano, in secóndo perchè lo stato d’animo in cui mi trovo non mi permette di occuparmi di lavori di sorta e tanto meno di poesia].