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7) Decadenza dell’influenza italiana — Invasione di stili nordici — Ritorno allo stile brancovenesco.

Conchiudendo questa nostra fuggevole incursione nel campo della Storia dell’Arte, rimane assodato che le relazioni artistiche tra la Rumania e l’Italia, incominciate ai tempi di Stefano il Grande, continuarono ancora per qualche tempo, fino all’epoca di Șerban-Voda Cantacuzino (1678 — 1688) e di Constantin Brâncoveanu (1688 — 1714); per decader poi rapidamente sotto l’infausta dominazione dei Fanarioti, „le cui piaghe”, dice il Iorga 1, „duraron fino al 1821”, anno in cui finalmente il popolo perdette la pazienza e scoppiò la rivoluzione capitanata da Tudor Vladimirescu. Malgrado infatti codesti Principi greci del Fanar (tutt’altro che rozzi e incolti) si adoperassero a tutt’uomo per dare ai paesi da loro governati un’„amministrazione nuova e finanze ordinate” e curassero anche abbastanza l’istruzione, sì da far delle accademie di Iași e di Bucarest „le scuole più celebri dell’ellenismo intero”2; per ciò che riguarda le relazioni coll’Occidente, (sempre pericolose per un governo tirannico com’era il loro), fecero di tutto per impedirle3, „dando ogni giorno più l’aspetto orientale a tutte le manifestazioni dell’attività nazionale.” Ad eccezion dunque di Șerban-Vodă Cantacuzino e Constantin Brâncoveanu, i Fanarioti preferirono agl’Italiani, gli architetti serbi, bulgari e greci, onde i rari motivi decorativi in istile barocco o del Rinascimento che ancora ci avvien di notare qua e là nella scultura decorativa della fine del secolo XVIII, non rappresentano se non gli ultimi guizzi

  1. Breve storia citata, p. 137.
  2. Op. cit., loc. cit.
  3. Ce ne rende testimonianza anche il Del Chiaro, op. cit., p. 198 a proposilo di Stefano Cantacuzino, che „...proibì (spezialmente a noi altri forestieri) sotto rigorosissime pene, lo scrivere ai nostri Amici sotto qualunque pretesto. Non si potevano aver foglietti stampati per saper le cose del Mondo; e, quel ch’è più curioso, nemmeno era permesso il far venir da Venezia un lunario: istigazione maligna d’un cervello torbido e perverso”, aggiunge il Del Chiaro (alludendo pare allo Stolnic Costantin Cantacuzino, padre di Stefano) „il quale spacciavasi per uomo Politico; ma tutta la sua politica, non avea poi altro scopo, se non un sordido guadagno, col tradur le gazzette dalla Italiana lingua nella Greca; frammischiandovi a suo capriccio tutte quelle, benché false, particolarità, che credeva potessero incontrare il genio di chi leggeva le sue imposture.”