Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/94

Da Wikisource.
84

nonicato nel senso gaudente della parola. Le condizioni deila Moldavia erano quanto è mai possibile immaginare tristi e infelici, e ben le conosceva il Piluzio che 12 anni prima riferiva a Roma „lo stato miserabile di quelle parti barbariche... ridotte a tal termine dalle continue invasioni di Turchi e Tartari, che... sono astretti li Popoli a fuggir’ in altre parti, per non poter soffrire le loro miserie e calamità.” Nè ignorava che a Bacău la cattedrale, dove avrebbe solennemente pontificato, era „una stanza di legno, ove si faceva la Cucina” e non possedeva che paramenti sacri „tutti vecchi” e tre sole campane, con „dui1 calici, uno rotto”2! Perchè dunque desiderava tanto ritornarvi arcivescovo? L’ambizioncella ecclesiastica di fregiarsi della croce e dell’anello episcopale non basta forse a spiegar tutto. Chi sa? Malgrado chiamasse barbare quelle regioni, tra le quali aveva pur passato quasi trent’anni della sua vita operosa, quando poi n’era lontano, ne sentiva la nostalgia ed il richiamo! Molto s’era affaticato il buono agricoltore a seminare: non avrebbe visto almeno biondeggiare la messe? E poi...insieme con i giorni tristi, gli tornavano alla memoria, là nell’arida solitudine di Vignanello, dove ormai poteva dirsi uno straniero, i giorni, belli e santi, pieni della gioia del dovere compiuto; le liete conversazioni coi boieri ospitali, i ricevimenti sontuosi alla Corte del Voda, gli usi e i costumi di quel popolo infelice, le sventure del quale lo rattristavan quasi sventure sue proprie3; rivedeva i boschi magnifici tutti pieni di sorgive e di leggende, le praterie smaltate di fiori, su cui le contadinelle vestite a festa dei lor vaghi costumi orientali dansavano coi giovanetti robusti la hora; riudiva la musica triste ed evocatrice della doina; e il cuore gli fuggiva al dolce paese straniero che poteva ben gratificare dell’appellativo di barbaro nelle sue lettere al Segretario di Propaganda, nella speranza d’impietosirlo e di ottener finalmente il premio dovuto alle sue fatiche; ma che amava al punto da non sapersene vedere neppure un momento lontano! Pace a lui

  1. Cfr. rum. doi. Dal che si vede che, se la lunga dimora in Rumania non era valsa a dargli una conoscenza men che mediocre della lingua parlata da’ suoi diocesani; era però ben servita a fargli alquanto dimenticar l’italiano!
  2. Cfr. Op. cit., doc. XI, p. 263.
  3. Op. cit., doc. V, pp. 158—159: „...hauendo servito la S. Congregatione 17 anni, non recordo tante calamità com’adesso le povere creature patiscono.”