Pagina:Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia.djvu/104

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Pur troppo v’hanno fra noi molti giovani nati da illustri e cospicue famiglie, educati a tutte le eleganti delicatezze della vita civile, che menano vanto della loro inerzia e della loro indifferenza per le pubbliche cose, che si dichiarano spettatori neutri dello svolgimento nazionale, e credono di dar prova della superiore natura dell’ingegno loro, criticando e deridendo tutto ciò che nel paese e dal paese si opera. Non sanno essi forse che deridendo l’Italia e chi la rappresenta, deridono sè stessi? E come possono essere rispettati dallo straniero, se gli insegnano a sprezzare l’Italia? Se ad essi sembra che i rappresentanti del paese nostro non lo rappresentano degnamente, lo dichiarino schiettamente, ed espongano ad un tempo come dovrebbe essere rappresentato, si dispongano a rappresentarlo, e facciano ogni sforzo per mostrarsi più saggi e più benefici di chi li precedeva. Ma starsene colle mani alla cintola, pavoneggiandosi della propria inerzia, e contenti di versare biasimo, sospetto e ridicolo sopra coloro che alla patria e al dovere hanno consacrato la vita e le facoltà, è questo un contegno così odioso, che la innata generosità della giovinezza dovrebbe bastare a preservarne la crescente generazione.

Quella tendenza al biasimare e al volgere in ridicolo qualsiasi cosa o persona che a noi si presenti con aspetto grave, è una delle piaghe d’Italia.

L’uomo educato e colto non sa frenare la vena sarcastica, e crede far prova d’ingegno fino ed accorto, lasciandole libero il corso. Il popolano che vede il nobile, il ricco, il potente trattare ogni cosa con ischerno e leggerezza, impara a tenere in poco o nessun conto le cose così derise. Quando venne pubblicato il nuovo codice italiano, non vi fu legge o capitolo di esso che potesse sottrarsi alla sferza, non dirò dei giureconsulti, ma di tutti coloro che sanno o che non sanno che cosa sia un codice. I giornali criticavano ogni espressione del nuovo libro, e la critica loro non era già la critica grave e ragionata che si conveniva al soggetto; era la critica esagerata e contorta del Pasquino e Marforio, ed era ripetuta da gran parte dei lettori, non perchè giusta, vera e coraggiosa, ma perchè atta a promuovere le risa. Che cosa ne risultò? Ne risultò questa deplorabile conseguenza, che una gran parte del popolo non ha per la legge del suo paese quel rispetto, nè quella cieca obbedienza, senza la quale