Pagina:Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia.djvu/55

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poca del nostro risorgimento e della loro vendetta. — Napoli, ch’era stata tradita non meno di noi, aveva aderito al loro divisamento, e promesso d’insorgere un dato giorno. — Il principe di Carignano esitava. — I suoi principii politici erano saldi e retti; ma la condizione sua era dilicata di troppo, e il suo carattere irresoluto.

I suoi migliori amici, gli uomini per ogni conto più considerevoli del Piemonte, l’illustre Santa Rosa, il principe della Cisterna, il marchese di S. Marsano, ed altri molti, insistevano perchè egli si dichiarasse apertamente il protettore delle libertà italiane; e incapace di resistere a tali istanze ed al suo proprio cuore, il principe di Carignano si arrendeva, e valendosi dell’assenza del re suo zio che avevagli affidato in parte il potere governativo, diede il segnale della insurrezione, e concesse agli insorti una costituzione; vale a dire promise loro che l’avrebbero. — Io non iscrivo la storia delle nostre congiure e delle nostre rivoluzioni dal 14 sino al 59. Faccio solo un cenno di questa, perchè fu il primo accordo stretto fra i liberali italiani, e la Casa di Savoja, e perchè dal 1821 in poi tutti gli Italiani che si sforzarono di dare al nostro paese la libertà e la vita si volsero con maggiore o minore insistenza, con maggiore o minor fiducia e successo ai rappresentanti di quella antica e reale stirpe.

La rivoluzione del 21 fu vinta come tutte le altre, perchè erano frutto di congiure, e perchè le congiure che debbono per natura essere limitate fra pochi individui, non hanno il carattere che le rivoluzioni debbono avere per trionfare; cioè la pubblicità e la universalità. — Le congiure ebbero felice ventura quando i popoli e le passioni loro obbedivano al comando di pochi, ed erano disposti a servire le cause che non intendevano. — Ai nostri giorni i popoli non si interessano e non si muovono se non per idee che essi intendono e per cose che evidentemente li concernano. — Ma una lunga e crudele esperienza poteva solo convincere i cospiratori della verità di questa sentenza; e sino a tanto che tale convincimento non ebbe penetrato tutti gli animi, si volle imputare ad alcuno la colpa dell’infelice esito di ciascuna di esse. — La rivoluzione del 21 fallì, e la colpa ne fu data al principe di Carignano. — Forse difatto egli fu cagione ch’essa fallisse in quel giorno ed in quel modo. — Egli si era arreso alle istanze de’ suoi amici, ben sapendo che con ciò