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da corrientes alla frontiera 111

cidergli la capelliera, gli strappano il cuore, gli mutilano i membri e infieriscono in mille guise.

Ignoro se lo strazio preceda la morte del prigioniero, oppure se si contentano con sgozzarlo a uso pecora prima di straziarlo. Col nostro ladino Faustino fecero così: prima gli tirarono di sorpresa delle frecciate con cui lo stesero al suolo inetto alla difesa; allora gli furono addosso e lo scannarono ancora in sè poi gli recisero la testa, lo appesero pei piedi a un albero e se ne andarono spogliandolo di tutto quanto portava addosso.

Ecco un dialogo tra que Indiani, dopo un combattimento:

1° Indiano. — Ora ti racconterò quello che ci è accaduto al nostro ritorno. A un tratto mi sento gridare di dietro: «I nemici stanno ammazzando i nostri compagni laggiù in fondo della via.»

— Allora grido ai miei: «Fermatevi! stanno ammazzando i nostri Non fuggite, fate fronte anche se il nemico vi pesta i piedi!…»

2° Indiano. — Oh come mi ci sarei ritrovato volentieri! Il male è che non vi ho visto quando siete partiti!…

1° Indiano. — Tu vedessi! Ci siamo messi colle lance e colle mazze, e poi gliene abbiamo ammazzati dimolti. Oh! ci siamo vendicati. Ora si che son contento: siamo rimasti pari. A chi gli abbiamo levato la capelliera; a chi tagliato le mani; ad altri abbiamo strappato il cuore e ad alcuno mutilato le membra…; a molti abbiamo reciso la testa…

E così di seguito descrivendo minuziosamente tutte le prodezze fatte.

Alle membra di un nemico devono attribuire qualche virtù. Mi rammento d’una volta, che avevo portato meco tre teschi di Mattacchi, tolti dove quattro anni fa ne furono trucidati una quarantina, dopo averli fatti prigionieri; di tutti cotesti le piene ne avevan fatti rimaner solo quelli che io giunsi