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144 | parte prima |
Terra del Fuoco, al Sud dello stretto di Magellano, il non sapere essi contare che fino a quattro. E si comprende: perchè, se la parola risponde alle idee e ai bisogni, qual patrimonio può averne chi non arriva più in là di un tal numero?
Or bene, tutti gli Indiani del Ciacco Argentino non contano più di quattro: sieno Toba, o Mattacchi, o Villela, o Mocoviti sieno vincitori o vinti tra loro.
Anche i Guarany che vissero e vivono, non so se molto mutati, da i tempi lontani, nel Paraguay, in parte del Brasile, in Corrientes e Misiones, e probabilmente anche più in giù in parte delle isole della cosidetta Mesopotamia Argentina, non contano che fino a quattro nella loro lingua. E un egual fatto fu riscontrato in altre parti del Continente Americano.
Nondimeno i Patagoni, secondo il signor Lista, viaggiatore Argentino, contano fino a dieci progressivamente. I Guarany pure hanno la espressione per dieci e per venti, ma la pigliano in prestito dalle mani e dai piedi, e dicono due mani per dire dieci, e due mani e due piedi per dire venti.
I Pampa, non meno selvaggi dei Patagoni e alla bassezza, non posso dire all’altezza quasi degli abitanti del Ciacco, contano però indefinitamente, come i loro fratelli Araucani o Cileni, già organizzati quest’ultimi quando piombò qua la conquista Spagnuola.
I Peruani, confinanti dei Cileni, e di cui ho detto più volte che formavano il grande impero degli Inca, detto da loro in Chicciua Tavantin-suju o le quattro parti del mondo! contavano pure indefinitamente; e lo stesso gli Aimarà, che abitavano e abitano nella città e nei pressi della Paz in Bolivia, e che probabilmente, prima di essere conquistati dai Chicciua o Peruani, si estendevano anche in Catamarca e forse in Jujui, come dinoterebbero alcune parole di località, per esempio, marca, pucará, huma-huaca che sarebbero in lingua aimarà popolo, fortezza, polla d’acqua.