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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/159

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ANNOTATIONI DEL QUARTO LIBRO.

Non crederò che voglia significar altro la favola de Alcithoe, e delle sorelle che spreggiando i sacrifici e i giuochi di Baccho, si danno all’essercitio del filare, e per pascere ancora l’intelletto, che non andasse vagando, mentre che filavano, in diverse cose inutili, incominciano à narrare delle favole; se non che conoscendo la castità figurata per Alcithoe quanto le siano fieri nemici il vino, e l’ocio, tenta spreggiando il sciocco piacere del bevere soverchiamente, e col continuo essercitio di difendersene, e conservarse, nel vigore della sua propria virtù, dove si vede con quanta vaghezza habbi l’Anguillara descritta l’arte del filare, in quella stanza, Ragiona, e in tanto industriosa e presta: che da a credere cosi ha servato il decoro di trasformarse in quella che fa quell’essercitio, come che fosse stato, come le disse una gentildonna leggendo la medesima stanza, altre volte femina.

Gli amori di Piramo, e Tisbe narrati da Alcithoe, sono con ogni maniera di leggiadria rapresentati da l’Anguillara; che le va con la felicità del suo stile, facendo ricchi di spiriti, di affetti, di conversioni, di comparatione, di descrittioni e de ogni ornamento poetico, onde si può veramente dire, che si sia, cosi in questa, come in tutte l’altre sue rapresentationi, tutto trasformato nello spirito di Ovidio, ilquale quando havesse havuto a scrivere la historia di questi dui infelici amanti in questa nostra lingua Italiana, so che non l’haverebbe potuta vestire di piu vaghi & artificiosi ornamenti, di quelli che si scoprono, nella poesia dell’Anguillara; ilquale descrive felicemente cosi la bellezza de Piramo, nella stanza; Fra i piu lodati giovani del mondo, come ancora quella di Tisbe in quella; Et s’ei tutti eccedea di quell’etade. Vaga conversione a i padri de gl’inamorati, è quella della stanza, O sfortunati padri ove tendete, come è ancor quella al muro che rafredava gli accesi desideri de i giovanetti amanti, nella stanza, Dhe perche non ti muovi a nostri preghi. Come scopre poi gli affetti cosi del giovane, come di Tisbe, mentre che attendevano l’hora, nella quale speravano di dar compimento a i loro focosi amori nella stanza, Chi potria dire ogni amorosa cura, e in quelle che seguono, si vede ancora bellissima la conversione che fa a Tisbe, dicendo Che voi far infelice aspetta ancora. Bellissima è la conversione fatta alla Luna, nella stanza Dhe Luna ascondi il luminoso corno; come è ancora quella, a Piramo poco piu oltre Dhe non dar fede misero a quel panno, bellissima, è molto affettuoso è il cordoglio del giovane che incomincia nella stanza Come recuperar la voce puote girando le sue dogliose parole, quando alla morte, quando alle stelle, quando a i cieli, quando alle fiere, quando alle vesti dell’amata Tisbe, quando al leone, e quando a se stesso. E molto vaga ancora la conversione che fa il poeta alle stelle nel voler Piramo porsi la punta della spada nel petto, nella stanza: Appoggia in terra il pomo della spada; come è ancora vaga quella a Tisbe, nella stanza: O sventurata, e dove ti conduce, insieme con l’ultime parole piene di varie affetti, molto vagamente rapresentati de gl’infelici amanti che si legono nelle stanze che seguono. Come medesimamente si vede ancora rapresentato felicmente l’epitafio di quelli infelici amanti: nella stanza: Qui stan Piramo, e Tisbe amansi e danno.

Finito che hebbe Alcithoe di narrare gl’infelici amori di Piramo e Thisbe, dovendo Leucotoe, narrare la sua novella; continuando l’Anguillara, nel dimostrare la forza del suo ingegno intorno il rapresentare, dove se gli apresenta l’occasione, rapresenta quivi molto minutamente l’essercitio donnesco del cuscire, e del lavorare, sopra la tella, con tanta vivacità che fa vergognare molte donne, che vedono che ne fa molto piu in questa parte che esse non ne fanno porre in opera; incominciando nella stanza: Conchiusa che hebbe Alcitoe la novella, e continuando nelle seguenti; fino a quella: Se ben con tanto studio e con tant’arte.

La favola di Marte, e di Venere colti da la rete artificiosa di Vulcano in adulterio; e veduti da i Dei con grandissimo piacer loro; che ci può dare altro ad intendere; se non che quel focoso desiderio naturale di stringerse insieme con la donna, figurato per Venere, essendo unito dal calore naturale figurato per Vulcano; non ne può trare quel piacere che vorrebbe, onde mentre va