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LIBRO QUINTO
L’illustre cavalier Greco ragiona;
Un gran romor d’huomini, e gridi in copia
Sorge ne l’aere, et ogni orecchia introna.
Tanto che lascia ogn’un la sede propia,
E pronta à l’armi acconcia la persona,
Che non è suon di dolci voci, ò carmi
Per rallegrar; ma d’alti gridi, e d’armi.
La regia sala è lunga, e larga tanto,
Ch’à gran pena maggior far si potria:
E ’l Re, che Perseo, il qual gli tolse il pianto,
Volle honorar d’ogni alta cortesia,
V’havea invitato il regno tutto quanto,
E v’era il fior de la sua Monarchia.
Tal, che la sala anchor confusa, e varia,
Empie di doppio suon l’orecchia, e l’aria.
Come talhor, se ’l mar si gode in pace
L’ampio suo letto placido, e contento,
E mentre tutto humil senz’onda giace,
Freme ne l’aria un tempestoso vento,
L’onda alza, e rompe, e mormorar la face,
Tanto, ch’assorda il ciel doppio lamento:
Cosi il lieto convito al novo insulto
Multiplicò tumulto con tumulto.
Fineo fratel di Cefeo era l’autore
Del romor, che promesso il Re gli havea
D’Andromeda il connubio, e co’l favore
Quasi di tutto il Regno hor la volea.
E quei, ch’eran più degni, e di più core
Nel palazzo Real condotti havea,
Da picche in fuor, con arme d’ogni sorte,
Proprie per quella sala, e quella corte.
Gli Ethiopi tutti havean non poco à sdegno,
Anchor che fosse il Greco un gran guerriero,
Che la figlia del Re con tutto il regno
S’havesse à dare in preda à un forestiero.
Però il fratel del Re fece disegno
(Seco havendo il favor del popol nero)
D’uccider Perseo, e torsi ogni sospetto,
Pria, che ’l facesse sposo ella nel letto.