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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/164

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Manda à veder con degnità turbato
     Chi fà il romore il Re canuto, e bianco.
     Il fido scudo il Greco hà già trovato
     Col capo ascoso di Medusa al fianco.
     Lo stocco, che Mercurio gli havea dato,
     Nel fodro anchor pendea dal lato manco,
     Che la Real presentia ivi richiede,
     Ch’ei non debbia sfodrar, s’altro non vede.

I Principi, che fur di quel convito,
     Stavano come quei, ch’altro non sanno,
     Del ricco ornato, e splendido vestito,
     Pronti per imbracciar la seta, e ’l panno,
     E chiedean, chi superbo, e chi smarrito,
     Chi son quei, che da basso il romor fanno,
     Chi può, da i balcon guarda in sù la strada,
     E ogn’un la man sù l’elso hà de la spada.

La guardia del Signor, che sù l’entrata
     Stava ordinaria à l’ improviso colta,
     Dopo qualche contrasto fu sforzata,
     Tutta disfatta fu non senza molta
     Strage, ch’alcuni havean l’arma abbassata,
     E la difesa de la porta tolta.
     Ma fur tanto assaltati à l’ improviso,
     Ch’un dopo l’altro al fin ciascun fu ucciso.

Come Fineo compare in sala, e grida
     Con arme hastate, e spade, archi, e rotelle,
     E Perseo, e tutti i suoi minaccia, e sfida;
     La sposa, et altre assai donne, e donzelle,
     Alzano sbigottite al ciel le strida,
     Ne il Moro udir si può quel, che favelle.
     Ma tosto un prende de le Donne cura,
     E tutte in altra stanza l’assicura.

Hor si vedrà, se sei figliuol di Giove
     Fineo à gridar comincia da la lunga,
     Ch’ei non farà, che tutto intende, e move,
     Che ’l core hoggi quest’ hasta non ti punga.
     L’ali del tuo destrier si rare, e nove
     Non potran sì volar, ch’ io non ti giunga.
     Tutto il ciel non farà, ch’ io non ti spoglie
     De la vita in un punto, e de la moglie.

Vede ei, mentre l’ ingiuria, e d’ ira freme,
     Che in sala ignuda ogn’un la spada afferra,
     E però pensa i suoi stringere insieme,
     Et in battaglia poi far lor la guerra.
     Che se non và come conviensi, teme
     Ch’ à suoi non tocchi insanguinar la terra,
     E però aspetta gli altri ne la sala,
     Li quai di man in man montan la scala.

Il Re al fratello accenna con la mano,
     E corre con senile, e debil piede,
     E gli dice sdegnato di lontano.
     Questa del merto dunque è la mercede?
     S’ei salvò lei dal mostro horrendo, e strano,
     Come poss’ io mancar de la mia fede?
     Perseo à te non hà tolta la consorte,
     Ben l’hà involata al mostro, et à la morte.

Legata la vedesti al duro scoglio,
     Dove dal mostro esser dovea inghiottita:
     E tu suo sposo, e zio di lei cordoglio
     Non però havesti, e non le desti aita.
     Fineo tutto ripien d’ira, e d’orgoglio
     Tolta al Re in un momento havria la vita,
     Ma perche sposar vuol la figlia, l’ira
     Sfoga contra il rivale, e un dardo tira.

Perseo, che attento stava à riguardallo
     Quello al ferro nemico oppose scudo,
     Ch’è fuor d’acciaio, e dentro di cristallo,
     E fe lo stral restar d’effetto ignudo.
     Ma il Greco già lanciar no’l volle in fallo,
     Ma, che contra Fineo fera più crudo,
     Manda l’istesso dardo à la vendetta,
     Ma Fineo spicca un salto, e non l’aspetta.

Il dardo fende l’aria, e in fronte giunge
     D’un, che dietro era à Fineo detto Reto,
     E tanto indentro in quella parte il punge,
     Che ’l fa senz’alma riversare indrieto.
     Il vecchio Re da quel furor và lunge,
     E protesta a gli Dei, ne ’l dice cheto,
     Ch’al forte peregrin, cortese, e saggio
     Contra la mente sua fan quello oltraggio.