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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/222

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Saper fe il Re, come nel porto scese
     La giunta al castellan per un suo paggio,
     Il qual venne à incontrar con faci accese
     Il Re con gli altri in mezzo del viaggio.
     Poi che l’albergo il Re crudele ascese,
     Disse, fin che non esce il solar raggio
     À fare ogn’altra stella oscura, e vana,
     Non è ben di turbar la tua germana.

Si che posiamci in questo albergo alquanto,
     E ’l sonno à gli occhi dia quel, c’haver denno,
     E volto il ciglio ver due vecchie intanto,
     Di quel, c’haveano à far, lor fece cenno.
     Le vecchie esperte, che conobber quanto
     Il Re chiedea, passar la figlia fenno
     In una stanza, ov’era un ricco letto,
     Albergo antico al barbaro riccetto.

Come le luci la donzella intende
     Ne l’adornate riccamente mura,
     Si stà sospesa alquanto, e pensa, e prende
     Maggior dentro di se noia, e paura:
     Ch’ella si posi, da le vecchie intende,
     Na negando ella stà, ne s’assicura.
     Pur con false lusinghe tanto fanno,
     Ch’ignuda al letto barbaro la danno.

Pensa il perfido Re malvagio, e rio
     Goder quivi il suo furto, e farla donna,
     Quivi serbarla al suo folle desio,
     Ma per celarla à la Tracense donna,
     Prima, che ’l biondo, e luminoso Dio
     Sorga à scoprir la sua splendida gonna,
     Vuol, che l’armata in mar riprenda il corso,
     E vada al Re di Cipro à dar soccorso.

Cipro allhor da Sidonia havea la guerra,
     E la Tracia possanza havea chiamata,
     Che, come amica à la Venerea terra,
     Mandasse in suo favor la Tracia armata.
     Hor poi che la sua classe asconde, e serra
     Ogni huom, che sà la donna esser rubata,
     Vuol, che vada à trovare i Ciprij porti,
     Perch’à la moglie sua non si rapporti.

Havea, prima ch’in terra il Re scendesse,
     Imposto al General del Tracio legno,
     Ch’alcuno al noto lito non rendesse,
     S’ei non gli dava un certo contrasegno.
     Ma come al segno imposto ei conoscesse,
     Lasciasse incontinente il Tracio regno,
     E gisse à riparare al Ciprio danno,
     E stesse al suo servitio intero un’ anno.

Scrive egli in Cipro, e dona il segno, e ’l foglio
     À quei, che seco uscir de le triremi,
     Discioglie il lin con general cordoglio
     Il Capitano, e dona à l’acque i remi,
     E vanno à ritentar l’ondoso orgoglio
     Sol del Re, e de la donna i legni scemi.
     Va l’armata ver Cipro, e mena seco
     Ogn’un, salvo il Re Tracio, e ’l furto Greco.

Riferiscon le vecchie al Re contento,
     Ch’ella si stà nel letto ignuda, e sola:
     Corre egli à l’amoroso inganno intento,
     E ’l fior virgineo à lei per forza invola.
     La figlia usò con vendice ardimento
     La forza in sua difesa, e la parola,
     Ma sola non potè fanciulla, e ignuda,
     Vincer l’età viril, tiranna, e cruda.

L’amato padre in van chiama sovente,
     Sovente Progne, e più gli eterni Dei;
     Ma de la moglie sua, ne del parente,
     Tereo conto non tien, ne men di lei.
     Come sfogati haver l’empio si sente
     Gli abbracciamenti suoi lascivi, e rei,
     Senza punto indugiar lascia le piume,
     Acciò ch’ella si plachi, e chiuda il lume.

Come presa dal lupo humile agnella
     Da pastori, e da can tosto riscossa,
     Trema anchor de la gola ingorda, e fella,
     E ’l giel corre, e ’l tremor per tutte l’ossa;
     Qual la colomba humil, candida, e bella,
     Cui volse far l’astor la piuma rossa,
     Trema se bene è fuor d’ogni periglio,
     E d’esser parle anchor nel crudo artiglio.