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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/223

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Tal la stuprata Achea, poi che si vide
     Fuor del letto saltar l’empio tiranno,
     Tremava anchor de le sue braccia infide,
     E la stessa sentia noia, et affanno.
     Ma come meglio misera s’avide
     Del tolto honor, del ricevuto danno,
     Le chiome si stracciò, ferisse il petto,
     E lasciò l’odioso, e infame letto.

E coperto del lino il corpo ignudo,
     Già bello, e casto, et hor corrotto, e bello,
     E fatto al corpo, e al lino un’ altro scudo
     D’un cinto, sciolto, e mal disposto vello,
     Alza le meste luci al volto crudo,
     Stracciando ambe le man l’aureo capello,
     E scinta, inconta, lagrimosa, e trista
     Con questo duolo il Re contento attrista.

Ó Barbaro crudel, Barbaro infido,
     Barbaro per l’effetto infame, et empio.
     Ó d’ogni osceno vitio albergo, e nido,
     Hor quando s’udì mai si crudo scempio?
     Questa è, crudel, la fe, che desti al fido
     Socero tuo d’ogni pietade essempio,
     Questa è al mio padre pio la data fede,
     Quando piangendo à te fidommi, e diede?

Ahi come traditor ti soffrì il core,
     Tal ver la tua cognata usar oltraggio,
     La qual ne le tue man fidò il suo honore,
     Che tenea il Tracio Re leale, e saggio.
     Oime, non mosse il tuo cor traditore
     La mia virginità, ne ’l mio lignaggio,
     Poi che macchiò con vergognoso fregio
     La data fede, e ’l sangue Attico regio.

Per dar luogo à un desire ingordo, e cieco
     Privata m’ hai di quel lieto soggiorno,
     Che fatto in Tracia havrei co’l sangue Greco,
     Che da parenti miei fu dato al giorno.
     Hor come posso io più trovarmi seco,
     Crudel, con questa macchia, e questo scorno?
     Come vuoi più, che m’accarezze, e m’ame,
     Se pellice di lei son fatta infame?

Hai rotto disleal quel giuramento,
     Che dee servare ogn’huom fatto marito,
     Benche l’hai fatto cento volte, e cento,
     Costume antico al tuo Barbaro sito.
     Ma questo torto, e questo tradimento
     Potea ben contentar l’empio appetito
     Con tante, che tu n’ hai leggiadre, e belle,
     Senza far questo scorno à due sorelle.

Prima mancasti perfido à te stesso,
     Dopo al Re pio de l’Attica cohorte.
     Tradisti me, e vi fu da te promesso,
     Ch’ illesa rivedrei la patria corte.
     Ma non minor poi commettesti eccesso
     Ver la pudica, e saggia tua consorte,
     Tal, c’han privi d’honor l’empie tue voglie
     Te, la cognata, il socero, e la moglie.

Ahi del tuo honor nemico, e del mio sangue,
     Perche non togli à me l’aura, e l’accento?
     Ond’è, che ’l corpo mio non rendi essangue?
     Perche no’l doni à l’ultimo tormento?
     Ma tu vedi come ei piangendo langue,
     E sarebbe pietà torgli il lamento,
     E non vuoi far di lui l’ultimo scempio,
     Perch’ usando pietà non sarest’ empio.

Piacesse à Dio, che la mia miser’alma
     Tolta à quel corpo havessi, che l’adombra,
     Pria, che l’ infame tua noiosa palma
     Desse principio al duol, che ’l cor m’ ingombra.
     Ch’à l’altra vita gloriosa, et alma
     Scarca d’error saria passata l’ombra.
     Ma s’hor la togli al suo carnal legame,
     Non se ne và più vergine, ma infame.

Ma se talhor gli Dei volgono i lumi
     À l’opre nostre, al lor pensier secondo
     Se qualche cosa son gli eterni Numi,
     Se non è co’l mio honor perduto il mondo,
     Spero veder de tuoi feri costumi
     Portar tal pena al tuo terrestre pondo,
     Che d’ogni ben, che ti contenta, privo
     Havrai misero in odio d’esser vivo.