Vai al contenuto

Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/232

Da Wikisource.

Subito scuote l’ali, et alza il grido,
     Trema per tutto il mare, e s’apre, e mugge,
     E rende polveroso il cielo, e ’l lido,
     E le biade, e le piante atterra, e strugge.
     E vede in Grecia appresso al Regio nido
     Lei, che dal suo furor con molte fugge,
     La toglie in grembo, e volta à Greci il tergo,
     E torna con la preda al patrio albergo.

Cresce per l’aria il foco, ch’entro il coce
     Mentre nel grembo suo la stringe, e porta.
     L’infelice fanciulla alza la voce,
     Che si conosce abbandonata, e morta.
     Intanto il vento rapido, e veloce
     Con preghi, e con lusinghe la conforta,
     Tanto, che fa piegarla à piacer suoi,
     E la fa prima sposa, e madre poi.

Madre la fè di Calaino, e Zeto,
     Fanciulli di fattezze alme, e leggiadre,
     Che nel bel volto Gioviale, e lieto,
     E in ogni membro assimigliar la madre.
     Ma non fu il materno alvo si indiscreto,
     Che non gli assimigliasse in parte al padre.
     Diè lor simile à Borea il volo, e ’l corso,
     E due grand’ali à lor pose su’l dorso.

Nacquer ben da principio senza penne,
     Come gli altri fanciulli ignudi, e belli,
     Ma come à quella età da lor si venne,
     Che suol dare à le tempie i primi velli;
     La piuma come il padre ogn’uno ottenne,
     E cominciò à spuntar come à gli augelli,
     Tal, che ne’ primi lor giovenil’anni
     Batter non men del padre in aria i vanni.

Fatto havea fabricar Giasone intanto
     (Tutto havendo à la gloria acceso il zelo)
     La nave al mondo celebrata tanto,
     Che posta fu fra gli altri segni in cielo,
     Per gire ad acquistar quel ricco manto,
     Onde il Frisseo Monton d’oro hebbe il pelo.
     È ver, che Pelia il zio con finto core
     Gli havea l’alma infiammata à quest’honore.

Ch’esser dovea Giason de la sua morte
     Cagione, à Pelia un dì Temi rispose.
     Ond’egli per fuggir la fatal sorte
     Il suo nipote al dubbio honor dispose.
     Era Giason tanto eloquente, e forte,
     Ch’à pena il suo gran core à Greci espose,
     Che si deliberò d’unirsi seco
     Tutta la gioventù del regno Greco.

Fra quai scelse cinquanta cavalieri,
     Contando se per uno, i più perfetti.
     Hor sentendosi forti, atti, e leggieri
     Questi alati di Borea giovinetti,
     Appresentati anch’essi arditi, e fieri
     Se n’andar con Giason fra gli altri eletti
     À quello acquisto glorioso, e degno
     Per l’incognito mar su’l primo legno.