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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/545

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Dapoi che non posso io supplir, secondo
     Fora il desire, à tanto beneficio,
     Bastiti almen, ch’ io faccia fede al mondo
     Del tuo cor liberal, del tuo giudicio;
     E che lieto il sembiante, e ’l cor giocondo
     Cerchi giovar co’l don, e con l’ officio;
     E sei ne l’ opre pie, ne’ desir giusti
     Quel, ch’ esser denno i Cesari, e gli Augusti.

Hor tu nata opra mia d’ una si bella,
     D’una si rara, e varia poesia,
     Fà noto al mondo, che l’ età novella
     Non invidia talhor l’ età di pria.
     E mentre vive la Tosca favella
     Fà, ch’ anchor viva la memoria mia;
     Fà co’l tenor de’ tuoi vivaci carmi,
     Ch’io non habbia à invidiar bronzi, ne marmi.


ANNOTATIONI DEL XV. LIBRO.

Si vede nell’elettione di Numa Pompilio Sabino al governo di Roma, quanta forza habbia nell’opinioni de gli huomini la scientia, e maggiormente la filosofia, come quella che instituisse, e dà una forma veramente nobile all’huomo, essendo come è ministra della prudentia, poiche gli huomini vanno a cercare fino ne i paesi esterni, quelli che sono dotati di vera sapienza, per dar loro in mano l’imperio di se stessi; Par quivi che l’Anguillara sia stato piu presto espositore della mente di Ovidio, che traduttore del suo Poema, cosi il va ornando d’alcune sententiose digressioni, come fa nella stanza, Cosi purgato hebbe ei l’interno lume descrivendo il bello e qualificato animo di Numa Pompilio, insieme con la seguente, nell’altra poi rende la ragione perche l’eleggessero i Romani per Re loro dicendo, Maraviglia non fu se tanto apprese. Bellissima descrittione della notte è poi quella della stanza, Havea passato il Sole il mar d’Atlante, come è ancor bella la forma dell’accusa che fa il fiscale della fuga di Miscelo, nella stanza, Hor mentre di fuggirsi s’apparecchia. le prove che vincono il reo, e ’l modo di dar la sententia che si legge nelle seguenti insieme con l’oratione di Miscelo ad Hercole nella stanza. Come si danno i sassi, i bianchi, e i negri.

Ci rapresenta molto vivamente quivi ancora l’Anguillara la dottrina di Pitagora, e ’l modo del contemplare, e tutto quello che comprende la Filosofia, nella stanza, Ei la sostanza, l’ordine, e l’effetto, insieme con la maniera che teniva Pithagora nel leggere a’ suoi discepoli, nella stanza, Ma d’una cosa è ben ch’ io t’ ammonisca. come ancora ci rapresenta vivamente i cibi de quali doverebbe rimaner satisfatto l’huomo, nella stanza, L’herba, la barba, il seme, il frutto, e ’l fiore. e nella seguente, insieme con l’esclamatione propria ch’ ei fa nella stanza, Ó quanto è gran delitto, ò quanto è ingiusto. Bellissima è l’adduttione dell’età dell’oro per far buone le sue ragioni, come è ancor bella la descrittione del modo che tenne l’huomo con cibarse dopo le salvaticine, a gli animali domestici, che si legge nella stanza, Ne sol la lepre, e ’l caprio fuggitivo. Bellissimo è ancora il biasimo ch’ ei da all’ingorde, e strane voglie dell’huomo che si legge nella stanza, Ó voglie troppo all’honestà nemiche e nella seguente, come è ancor bella la conversione che fa à gli huomini nella stanza, O ciechi, e forse a un tratto ogn’un non corre insieme col lagnarse che fa nella stanza Onde oime nasce un desir tanto ingordo.

Va il Poeta descrivendo l’opinione di Pitagora intorno l’anima dell’huomo, la qual tiene immortale, ma però di modo che morendo l’huomo quella istessa anima possi unificare un’animale cosi fiero, come domestico, e quella dell’animale morto possi giustificare l’huomo, per questo non voleva quel gran Filosofo, che gli huomini si cibassero delle carni de gli animali, ma che rimanessero contenti dell’herbe, de’ frutti, del latte, e del mele, perche amazzando gli animali per nodrirsi della loro carne, ne havrebbe potuto offender’ alcuno, che l’anima sua vivificativa, havesse altre volte vivificato qualche suo parente over’amico; e cosi andava