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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/546

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vaneggiando intorno quest’errore apertissimo. Si veggono quivi molte bellissime rapresentationi di quanto ha voluto dire Ovidio, dell’Anguillara; come quella nella stanza E ’l tempo sempre appar con nova fronte e nella seguente, e quella del giorno ancora nella stanza Ma non veggiamo noi che ’l giorno stesso e quella della luna nella seguente. Si legge ancora la rapresentatione della primavera nel mezzo della stanza, E mentre l’anno un’anno in giro è volto come ancora si legge quella della estate nella stanza Ma come al Sole il Cancro apre le porte. e quella dell’Autunno, nella stanza Come a la libra poi lo Dio s’aggiunge come ancora quella del Verno in quella, Diventa l’anno poi debile e stanco rapresenta ancora felicissimamente l’Anguillara la età dell’huomo, nella stanza. E ’l corpo human si volve, e si trasforma e nelle seguenti, insieme con la conversione al tempo della stanza, Tempo empio e rio co i crudi invidi denti.

Descrive ancora felicemente la commistione de gli elementi, de i quali dui sono grossi e corporei, che sono l’aqua, e la terra, e dui senza corpo che sono l’aere, e ’l foco; e come la maggior grossezza del foco si risolve in aere, e levando il foco dall’aere, l’aere si fa aqua, e levandose la grossezza dell’aqua si vederà che non è altro che terra; cosi per il contrario la piu nobil parte della terra si risolve in aqua, la piu nobil dell’aqua in aere, e la piu nobile dell’aere in fuoco; descrive ancora come da questi si corrompono, e generano tutte le cose, nella stanza Ha quattro corpi genitali il mondo e nelle seguenti.

Hippolito bandito da Teseo per la falsa accusa della matrigna, ci da essempio di un’animo veramente casto e fedele, come ancora la sfacciata donna ce lo dà di una sceleratissima mente di una donna alterata dalla ferissima passione dell’amore libidinoso; poi che può pensare, e metter’ in esecutione, una tanto abominevole sceleragine; che Hippolito fusse poi stracciato, e fatto in diverse parti, e al fine ritornato in vita dalla divina virtù di Esculapio, potiamo dire che l’huomo di valore non si lascia impaurire da i mostri del mare, che non sono altro che i travagli di questo mondo, se ben la sua parte mortale è stracciata, e fatta in diverse parti dalle proprie passioni; perche al fine Esculapio, che è la vera prudentia con la virtù sua, le risana tutte; vaghissimamente ci rapresenta l’Anguillara l’impaurire de i Cavalli che tiravano la carretta d’Hippolito nella stanza. Volgono gli occhi i miei cavalli intanto.

Vogliono alcuni che la fittione di Tagere che nacque della Terra, fusse historia, e che uno di quello nome si fosse di modo allontanato dalle case, e dalle ville per dar’ opera a gli studi dell’indovinare, che fina che non fu perfettissimo in quest’arte, non si lasciasse vedere nella Toscana dov’era nato, di qui donde s’era partito giovane; e che comparendovi poi mostrasse a quelli del paese l’arte sua, e che per questo dicessero che s’era veduto giovane, e poi di matura età; quando vi comparve dotto, nell’arte dell’indovinare; che vi fusse poi veduto vecchio ancora, e che dapoi sparisse, si può dire che essendo stato un tempo nella patria divenne vecchio, e che conoscendo verissima quella sententia che non vi è alcun profeta che sia grato alla patria sua, se ne partisse. Descrive l’Anguillara con la sua solita felicità la favola del suo nascimento, nella stanza Tutte a fatto stupir le Dee latine e nella seguente.

Cippo che copriva le sue Corne col Lauro, ci da a vedere che molti coprono i loro vicij sotto il velo della virtù, ch’egli fuggisse poi come huomo di buona mente l’imperio di Roma, per non divenir tiranno, si può comprendere quanta forza habbia la temperanza in un’animo nobile, e ben qualificato, poi che Cippo s’elesse piu presto di vivere perpetuamente bandito dalla propria patria, che viverci dentro, non come membro modesto e mediocre, ma come capo, e tiranno, e crudele. Si legge l’oratione che fa Cippo a Dio molto vagamente scritta dall’Anguillara, nell’ultimo della stanza, Al fonte, a gli occhi suoi propri non crede e nella seguente, come è ancora trasportata vagamente la comparatione della stanza, Come al soffiar di Borea, o Subsolano.

Che i Romani havessero ricorso essendo afflitti da una gravissima pestilentia all’Oracolo d’Apolline ci da essempio di quanto dobbiamo far noi nelle nostre afflittioni, e con tanta maggior confidenza e fede quanto piu conosciamo la nostra religione vera al paragone della loro falsissima; ha l’Anguillara quivi rapresentata la molta divotione del popolo Romano verso Apolline, insieme con la risposta dell’Oracolo, nella stanza. L’aiuto che impetrar’ santo e divino. come ha ancora felicemente descritto il viaggio che fecero gli Ambasciatori Romani ritornando a