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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/74

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le campagne, e ridusse in cenere i frutti loro; asciugò i fiumi, arse le città, e rovinò le case onde i popoli fuggirono sparsi dove meglio pensavano di poterse salvare; durò alcuni mesi l’incnedio, che non si pote spegnere, ne prima si vide spento, che non sopragiunsero le pioggie dell’Autunno che lo spensero del tutto. L’allegoria di questa favola è che Fetonte che nella lingua latina significa incendio figliuolo del Sole è origine fonte del fuoco, e di Climene, che significa humidità nella lingua Greca; non potendo continoare ne haver forza il fuoco se non è aiutato e sostenuto dall’humido. Appropriato la dimanda di Fetonte poi di guidar’ il carro della luce, è quello innato desiderio di accrescere che si scopre in tutte le creature, per conservarse; che Fetonte passasse guidando il carro per il sentiero arso che è dal xx grado di libra al x dello scorpione, passando il Sole questo sentiero non è altro che quello che fa per quei gradi, quando secca l’herbe, e rende la terra inutile al produre per il soverchio ardore; che fusse poi fulminato da Giove nel mezzo dell’Autunno; si doverà intendere quando, l’ardore rimane speto per le pioggie di quella stagione: onde la terra raccogliendo l’humido lascia quella faccia arsa, & infocata facendose lieta, bella, e desiderosa di produre.

Eccovi la vaghezza della digressione della stanza Gli Astrologi sagaci etc. insieme con la bellissima comparatione della stanza Come il nocchier che l’arbore, e ’l timone; cosi propria, e ben collocata dall’Anguillara che adorna & illustra molto il Poema di Ovidio, come è ancora vaga la comparatione del cadere di Fetonte a quello de le stelle che nel maggior ardore del caldo pare che si spichino la notte dal cielo.

Quanto legiadramente va il poeta concatenando le favole l’una con l’altra; poi che dapoi la roina di Fetonte canta la trasformatione delle sorelle Phaetusa; che vien a dire risplendente, e lampetie illustre, e Phebe luce: in arbori che alle sponde del Pò manda fuori alcune goccie d’humore, che raccolto con arte & indurato dal Sole poi divien Ambro; furono queste sorelle di Fetonte dette ancora Heliade come figliuole del Sole.

Segue la trasformatione bellissima del Cigno, che è detto figliuolo di Nettuno per la sua bianchezza la quale è inditio di soverchia humidità, essendo Nettuno padre dell’humido, onde si vegono i Cigni habitar luoghi humidi e padulosi forse temendo ancora di essere fulminati come Fetonte salendo in alto, ma è piu credibile che lo facciano per la gravezza de corpi loro poco atti a salire in alto.

Cosi vagamente scrive l’Anguillara le bellezze di Calisto, come ancora fà la conversione a Giove come quello che è ricchissimo di simili ornamenti della poesia vedendo quanta forza hanno le conversioni proprie e fatte con giudicio, in quella stanza Giove come farà etc. e la digressione di quello che faceva Calisto lassa, quando Giove trasformato a simiglianza di Diana l’andò a trovare, come è ancora la stanza Tu sei di Castitate: etc.. Bellissima conversione è ancor quella Dhe non Diana non le dir tant’onte e la digressione Quanto infelice sei se ben ci pensi, con le quattro stanze che seguono.

La favola di Calisto e d’Arcade trasformati in Orse maggiore, e minore; stelle collocate vicino al Polo è tratta dall’historia, che cacciato che fù Licaone d’Arcadia, Calisto sua figliuola, fece voto di verginità e vivendo insieme con molte altre vergini, come quella che era bellissima fù ingannata da Giove, e cacciata insieme col figliuolo, di che rimase gravida di Giove, dal luogo sacro, se n’andò ne’ boschi, e vi si nascose per un tempo, essendo cresciuto il fanciullo e fatto giovane valoroso, volle amazzar la madre per non viver piu ne’ boschi con essa lei; fuggì la madre e si retirò a Giove, ilquale la riconciliò col figliuolo; & ambidoi tornorono nel loro Regno, onde Arcade ridusse i Pelasgi sotto l’ubidientia sua e volle che fussero chiamati Arcadi. Pensorono quei popoli che Calisto fusse morta, onde si diedero a credere vanamente che la fusse vivuta tanto ne’ boschi & havesse dormito in qualche tana; però la chiamarono orsa, & Arcade orso, il che diede a credere poi che fussero trasportati in cielo ne’ luoghi dove gli Egitii prima conobbero, che non erano lasciate attuffare nel mare da Theti a prieghi di Giunone è che queste stelle come vicine al Polo per la sua elevatione non girano tanto che paiano come molte altre attuffarse nell’onde del Mare.

La bella comparatione che fà l’Anguillara, della gratitudine di Arrigo II, Re di Francia di felicissima memoria; e di quella del grandissimo Cardinale Farnese, intorno il ricompensare i servitori che gli hanno serviti, e quella di Giunone havendo rinumerato il suo pavone della va-