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lare che per le due ore del pranzo. Però se ignorava l’analisi, intuiva la sintesi:
— Quel ragazzo non ha voglia di far niente di bene!
— Ha ingegno, e farà bene — risponde la signora Palmira che più si avvicinava alle nozze d’argento e meno veniva dividendo le idee del marito.
— Ingegno a dir le bugie, ingegno a sgraffignare se trova, ingegno ad inventare tutte le scuse per faticare meno che si può e godersela più che può. Credete che io non me ne accorga?
— E anche in ciò si richiede ingegno — rispondeva la signora Palmira, la quale si riserbava almeno il diritto di parlare sempre per ultima.
Chi possedeva l’analisi e la sintesi sul conto di Giacomino era la donna di servizio: ella sapeva tutti i progressi fatti da lui nel folklore delle ingiurie plebee ad una umile fantesca: da servaccia, sguattera sino a certe parole che offendevano la dignità del sesso. Ella aveva anche imparato la differenza che passa tra l’impressione di una scarpa coi chiodi e un’altra senza chiodi: i modi con cui Giacomino comandava potevano ricordare un linguaggio non più ammesso dalla democrazia. Vero è che, quanto a termini ingiuriosi, la domestica disponeva di un vocabolario ricchissimo. In questi casi Giacomino, leso nel suo onore, riferiva alla mamma.
La mamma allora interveniva come giudice e