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— To’, è vero! Ma può vendicarsi — aggiunsi.
— Perfettamente. Ma tu prendi dal «secrétaire » carta e busta e scrivi. Scrivi: detto io. No, quel foglio lì. — Guardai il foglio. Vi era impresso in azzurro, «Olympie».
Oh, Olimpia, dolce pingue nome! Tutto azzurro, tutto fresco come la grande acqua del mare.
— Su, andiamo, scrivi! Eri così «savio» poco fa.
Io scrissi: «Signor Professore, in un momento di vera aberrazione mentale ho osato formulare contro di lei un’accusa che tanto più mi tormenta di rimorso quanto più riconosco la sua dottrina e il suo sapere. Come posso rimediare se non facendo piena dichiarazione della mia colpa e supplicandola di volermi perdonare?»
— È tutta una bugia — dissi.
— E la bugia si trova dentro la vita o fuori della vita? — mi chiese l’adorabile Olimpia.
È vero: la menzogna è nella vita. E allora perchè soffrire per combattere quello che è nella vita, che è la vita?
Guardò l’orologio.
— Presto, pòrtala subito al tuo professore.
*
* *
O me, miserabile! Mi feci quasi scacciare da quella stanza da cui non volevo più uscire.