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multuosa e grande, esisteva un piccolo cuore che palpitava per me; fosse pure un cuore di ragioniera.

Un giorno mi scrisse e diceva così: «Sentite, per lettera vedo che non c’intendiamo. Proviamo ad intenderci a voce: mi vedrete così anche da vicino. Alle ore sette trovatevi nella chiesa di via X***. Entrate in chiesa: a quell’ora la chiesa è deserta; potremo parlare.»

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Un piccolo raggio di sole si riverberava sulle alte cime delle piante allora rifiorenti nei giardini pubblici per cui lei doveva passare per recarsi in quella chiesa. La vidi arrivare in fatti. Era in compagnia di una sua governante o domestica che fosse. Vestita di scuro con una veletta scura sul volto: dietro turgeva la massa bionda dei capelli. Mi vide. La sua testolina si inchinò insensibilmente, ed un piccolo cenno della mano mi fece capire: «Seguitemi a distanza». Le sue scarpette facevano scricchiolare i sassolini dei viali, deserti a quell’ora.

Allora vidi bene i suoi piedi. Io, l’essere più sprovvisto di fondamento, avevo delle idee estetiche assolute, sui piedi delle donne. Io pensavo ai piedi di lei e ad un’altra cosa che mi si era fissa in mente.

«Piedi troppo lunghi sospirai — ; irremissi-