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sterno — l’uso degli stiracalzoni; e non soltanto fumava degli orribili mezzi toscani, ma, quel che è peggio, giungeva al punto di tagliuzzare con un coltello da tasca un mezzo toscano, ne imbottiva la pipa e fumava come un plebeo.

Aveva altre abitudini rozze e contadinesche, che non concordavano niente con la sua nobiltà. Per esempio, fra le otto e le nove del mattino, dopo tre o quattro ore di caccia o di sorveglianza ai lavori agricoli, era per lui un gran piacere far colazione, all’ombra se era estate, al sole se era inverno, nelle più umili osteriuzze di campagna in cui s’imbatteva, e mangiava quello che c’era, come un muratore: quattro soldi di tonno cosparso di pepe e un mazzo di cipolline fresche, e, se v’erano operai, manovali, carrettieri, villani, parlava con loro da pari a pari, tranne che a lui aggiungevano un signor conte, ma un signor conte così alla buona e consuetudinario che passava inavvertito. E d’altronde se quel tonno con la cipolla piaceva tanto a lui come a quegli altri, che bisogno c’era di far tante distinzioni anche nel resto?

Nella casa del signor conte non esisteva una table à the, anzi credo che quanto al tè preferisse una buona tazza di camomilla; e infine attorno alla sua mensa non girava nessun muto e impassibile cameriere, ma la stessa cuciniera si staccava dai fornelli per mettere in tavola, così com’era, con il grembiule. Ed essendo oramai solo