Pagina:Panzini - Diario sentimentale della guerra, 1923.djvu/238

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to oggi tutti gli uomini palpitare con un solo cuore. Ferrovieri dìcono: «Noi non volevamo la guerra, la accettiamo come una necessità». Calma!

Raccòntano di un vecchietto arzillo di Mantova che si ricorda ancora delle bastonate col sale, distribuite dall’Austria. Ha sei figli sotto le armi, e vuole andare anche lui a fare le fucilate.

I giornali dell’òrdine, che sempre avèvano consigliato prudenza, tacere, «andiamo, via!, l’Austria è... come dire? un cane un po’ spinoso. È il pelo che è fatto così; ma non è idròfobo, anzi è quasi gentile. La Germania, poi, è un’officina sapientiae!», oggi, invece, (Corriere della Sera del 24) bùttano fuori tutto l’amaro! Dicono: «Accettiamo la guerra con la gioia della suprema liberazione dei soprusi per tanti anni con dolorosa amarezza sopportati».

Però, però, o anima mia che mi accompagni anche in treno, a me pare di vedere Don Abbondio che ad un certo punto non ne può più. Ha sempre scusato Don Rodrigo, ma ad un certo punto scoppia anche lui, ed è obbligato a dire: «Sì, don Rodrigo è un poco di buono!»

O che i ciapôm, o che i demm! — dice un popolano.

Passiamo per Carpi. È il sole? È il màggio? Sono i papàveri, gran distesa fiammante per il