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278 | Diario sentimentale |
la riva di questo mare posava i suoi piedi scalzi.
Io non passerò più per la stazione di Cesena senza che io lo riveda come lo vidi quattro anni fa, con quel profilo imberbe, signorile. Era d’inverno, quella volta, ed egli era ravvolto in quella capparella chiara.
L’ultima cartolina che ricevetti da lui è datata dal giorno 13, il maledetto numero.
La ritrovo: mi tremano le mani a toccarla.
L’agosto dello scorso anno, noi andavamo come fraticelli lungo la riva di questo mare, e recitammo insieme, quasi con devozione, il sonetto del Petrarca:
- Sennuccio mio, benchè doglioso e solo
- M’abbi lasciato, io pur mi riconforto.
- Perchè del corpo ove eri preso o morto
- Alteramente sei levato a volo.
Ora le onde del mare buttano davanti a me, su la spiaggia, il tuo corpo bianco, naufrago di un immenso naufragio.
- Or vedi insieme l’uno e l’altro polo,
- Le stelle vaghe e lor viaggio torto.
- E vedi il veder nostro quanto è corto.
Questa è la poesia dell’uomo! La poesia della natura è diversa: ptomaine, mieline, muscarine! Putrefazione, e null’altro! Queste cose non bene sapeva il Petrarca. Noi bene sappiamo! E la scien-