Pagina:Panzini - Diario sentimentale della guerra, 1923.djvu/356

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soldato scava, si nasconde la testa. Dopo mezza ora sono tutti nascosti: come topi.

Vinca o perda la Germania, noi non salveremo i nostri Dei.

A un chilometro dalle trincee, la vita riprende: donne fanno il burro, curano le cune, scopano anche i calcinacci delle granate.

Nelle retrovie tumulto enorme, sul vero fronte si parla piano. Ogni notte si versa (da dove?) su la terra un lavacro d’oblio.

Quale è il piano di guerra? Il trenta per cento di morti! L’ho inteso dire da un generale: occorre per ritirarsi il trenta per cento di pèrd‘. te! Mi è venuto in mente Caligola, che nòmina senatore il suo cavallo. Che cosa ci vuole a fare di un cavallo un grande uomo? Mettètegli dei pennacchi, portatelo in giro bardato, e il popolo finisce col persuadersi. Di fronte al generale mi sono sentito tìmido e mi sono messo sull’attenti. È così! Uòmini col pennàcchio, uòmini senza! Però quante nòbili figure! Il capitano d’artiglieria Scaramjpa: «el Scarampa», come dice il pòpolo dei soldati. Magro, lungo, enorme naso come Cirano de Bergerac: è sempre lì assorto all’osservatorio. là si apparta, stùdia per individuare il «pezzo» nemico. Ordina le scàriche con un processo nervoso, caratteristico. 11 pòpolo dei soldati