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verso al presente: fenomeno eterno, dovuto al fatto che gli anni giovani e primi della vita hanno maggior peso e valore, e che in quell’età essendo minore l’esperienza e l’osservazione, più degno e migliore sembra l’uomo, e logica la ragione della vita.
Latinorum: voce popolare e spregiativa per indicare il latino e le dottorali, incomprensibili formule latine. Il Manzoni fa appunto dire a Renzo: «che vuol che io faccia del suo latinorum?» P. S. cap. I.
Latinucci: le prime traduzioni ed esercizi latini, che si sogliono far nelle scuole.
Laughing gas: voce inglese che vuol dire gas ridente: in italiano gas esilarante o del paradiso. E un protossido di azoto che esercita un’azione anestetica, breve e locale, quindi adatto per l’estrazione dei denti. Probabilmente il nome inglese ci venne con l’invasione dei dentisti americani.
Lavabo: questa voce nei dizionari nostri è registrata nel senso di acquaio delle sacrestie: luogo dove ci si può lavare. L’arnese che serve a quello scopo, aggiunge con spiegazione indeterminata il Petrocchi. Ora lavabo è usato appunto per quel meuble de toilette, souvent en forme de trépièd, qui porte un pot à l’eau et sa cuvette. Dunque lavamano. Ma un lavamano molto elegante è spesso detto lavabo. Senso eletto, moltissime volte notato, che hanno fra noi le parole francesi. In milanese lavabo è voce dell’uso. NB. Questa parola è stata accolta senza esempi dalla Crusca per indicare «una fontanella o piccola vasca adossata ad un muro, anche fuori di recinto sacro, per uso di lavarsi più specialmente le mani = lavamano». In vero non mi pare facile comprendere i criteri con cui gli accademici della Crusca accolgono i neologismi.
Lavaggio: voce nuova, tolta dal francese, lavage = action de laver. Come termine di metallurgia, di chimica, etc. è voce tecnica invece di lavatura: indica l’operazione del separare i metalli mercè l’azione dell’acqua.
Lavandino: voce lombarda, lavandin, che significa la pila o vaschetta ove si lavano e riforniscono le stoviglie ed i piatti: acquaio in Toscana. In Romagna e nel Veneto dicesi scafa.
Lavar la testa all’asino: modo nostro familiare che significa far opera vana, ma dicesi con special senso di chi intende emendare o correggere altrui senza profitto.
Lavarsene le mani: non volere aver brighe o affare con taluno o per alcuna cosa o questione, ma si dice solitamente di affari che non appaiono gran che sicuri o netti o che volgono al male. Locuzione familiare e comune, derivata dagli Evangeli, S. Matteo XXII.
Lavativo: nei dialetti e nel parlar familiare dell’Alta Italia dicesi lavativo — traslato altrettanto efficace quanto volgare — di persona uggiosa, che è sempre fra i piedi, o che non risponde alle più esatte norme della consuetudine e della delicatezza.
Lavatura dello stomaco: V. Stomaco (lavatura dello).
La verità è in marcia: frase di E. Zola a proposito del processo Dreyfus (V. affaire), del quale il grande romanziere francese si fece sostenitore audace e generoso. La frase francesemente enfatica parve acquistar valore di intercalare. Del resto la Verità è camminatrice pessima. Dicono che faccia lunghe soste in fondo al pozzo.
Lavico: da lava, nel linguaggio dei geologi, attributo delle rocce eruttive in fusione, cioè della varia natura delle lave. In fr. lavique: manifesta provenienza.
Lavorare (uno): in senso un po’ furfantesco dicesi lavorare uno per indurlo, ridurlo, come si farebbe di docile materia, renderlo maneggevole, in modo che esso acconsenta spontaneamente a fare ciò che noi desideriamo.
Lavoratori della terra: perifrasi neologica ed eufemistica, apparsa con determinato senso nel linguaggio politico, forse per evitare la parola antica e che deve saper di servile o di volgare: contadino. Per la stessa ragione si è formata l’altra perifrasi di lavoratori della mensa per dire i camerieri, lavoratori del libro per