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Abracadabra: parola misteriosa della antica scienza occulta, formata da Abraxas o Abrasax, termine puramente fonetico cui i cabalisti attribuivano virtù medica: incidevasi sulle pietre, come amuleto. Oggi dicesi Abracadabra una specie di indovinello giuoco di parole.

Abrégé: sunto, compendio. Voce frequente, e così pure la locuzione en abregé per dire a sommi capi. Abrégé, dal verbo fr. abréger è nel suo valore etimologico uguale alla parola breviario (breviarium), che per noi ha specialmente senso chiesastico.

Absinthe: l’assenzio, il noto liquore verde opale, principe degli inebrianti stupefacenti, fatto coll’infuso dell’assenzio (ἀφίνθιον). Si suole chiamare alla francese forse in omaggio all’abuso che ne fa la Francia, ove in gergo è detto verte (verde). L’uso dell’assenzio in Francia ha creato le due voci absinthisme ed essencisme nel linguaggio medico per indicare l’intossicazione mercè l’assenzio.

Absit (invidia) injuria verbo: lungi sia l’offesa dalla parola (Livio, IX. 19). Motto che si ripete press’a poco nel medesimo senso con cui il Petrarca scrisse:

          Io parlo per ver dire
               non per odio d’altrui.

Àbstine, sùstine: astienti, sostienti! cioè sopporta; motto dell’antica filosofia stoica. V. Manuale di Epitteto.

Abulìa: malattia dello spirito, che consiste in una inerzia e impotenza della volontà. Questo neologismo scientifico è tolto dal greco abulia, formato cioè da a privativo e bulé = volontà, consiglio.

Abùlico: termine medico, da abulìa. V. questa parola. Dicesi di chi, per effetto di malattia, è privo della forza del volere.

Ab uno disce omnes: da uno conoscili tutti. Così Sinone dice in Vergilio (Eneide, lib. II, 65, 66) parlando del sacerdote greco Calcante. L’emistichio per estensione diventò proverbiale.

Abusus non tollit usus: l’abuso non toglie l’uso, cioè l’abusare di alcuna cosa non vuol dire che essa sia cattiva o dannosa: massima dell’antico diritto.

Abyssus abyssum invocat: Salmo XLI. 7. frase stupenda e biblica, conforme a verità e natura: «il male chiama il male, la colpa vuole altra colpa, l’abisso ama l’abisso».

Acagiù: o, come scrivesi in francese, acajou; grande albero dell’America centrale (dal Messico all’Honduras) e delle Antille. Il legno che se ne trae, duro, venato e di colore rosso mattone è pregiato nei lavori di ebanisteria. Il nome scientifico è Swietenia Mahagoni, onde il nome volgare di mògano dato al legno.

Acalefì: acalephae, termine zoologico. Costituiscono il gruppo delle grandi meduse ad ombrello, animali appartenenti al tipo dei celenterati, a simmetria raggiata. Hanno corpo gelatinoso e perchè forniti di organi urticanti, sono anche conosciuti col nome di ortiche di mare.

Accantonamento: V. Accantonare.

Accantonare: ter. militare, dal francese cantonner, detto degli eserciti i quali sono ricoverati, durante il tempo di guerra o di manovre nelle borgate o nelle città. Der. accantonamento. Accampamento invece è il dimorare in aperta campagna sotto la tenda. Cantonner fr. è da canton = cantone: divisione territoriale francese.

Accento: l’accento detto tonico tende a cadere sulla penultima sillaba equilibrando, per così dire, nelle sue parti la parola italiana. Ora questo accento nelle parole piane non si pone. Ponesi soltanto nelle parole tronche come virtù (da virtute) piè (da piede) può (da puote, latino potest) etc., e sulle parole intere dove l’accento cade sull’ultima sillaba come andò, salì, amò etc. Le parole sdrucciole, relativamente poche, cioè quelle che hanno l’accento sulla terz’ultima sillaba, sono pur esse scritte senza accento come rapido, celere, se non in quei casi ove può nascere confusione di senso, come princìpi e principi, la quale cosa non sempre si fa dagli scrittori. Ora vi è un numero non trascurabile di parole dall’accento errante, parole che alcuni pronunciano piane, altri sdrucciole. E codesta non è semplice questione di lingua ma di convenienza o di dignità. Lasciamo stare che l’acconto è l’anima della parola; ma certo è cosa assai gravo che noi non sappiamo e non ci accordiamo sulla pronuncia di molto