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tentrionali, il quale però migra anche in Italia durante l’inverno. E anche detto Garrulo.
Bécero: parola fiorentina che i dizionari, in omaggio a quel massimo fra i dialetti, registrano: dicesi di persona dell’infima plebe, insolente e sfrontata. Becero è da pecoro, lat. pecus.
Béchamel: salsa bianca di farina rosolata nel burro, e panna. Questo nome vuolsi derivato dal marchese Béchameil, maggiordomo di Luigi XIV.
Becher: è la parola tedesca da cui già provenne la nostra bicchiere. Ma in molte birrerie si ordina di solito un becher e non un bicchiere di birra. Così l’uso.
Béchique: questa parola francese è adoperata qualche volta invece della italiana pasticca, per indicare quei facili e comuni rimedi a base di gomma contro la tosse. La parola béchique è fatta derivare dal greco bex = tosse. (Littré).
Beef-steack: secondo l’ortogr. inglese, e vuol dire pezzo di bue; bifteck in francese seguendo la pronuncia inglese, e bistecca da noi. Voce dell’uso. La beefsteack è la forma sotto cui il bue è più pregiato nella cucina inglese ed è giustamente vantata come modo semplice e sano di allestire la carne. I francesi ne disputano il vanto agli inglesi, e in alcuni trattati dell’arte della cucina si osserva che quella che nel continente è chiamata beef-steack all’inglese, in Inghilterra chiamasi alla francese. Comunque sia, la beef-steack non è da confordersi con la costata (entre-còte). La beef-steack è di filetto (generalmente di bue) e anche di culatta: da un filetto ne devono sortire dodici circa, ben sgrassate e spelate, nè troppo grosse: si arrotondiscono, si battono, si spolverizzano di sale, si spalmano di burro quindi si cociono a fuoco vivo su la graticola.
Befàna: corruzione dialettale di Epifania (che in greco vuol dire Apparizione) la quale così popolarmente è chiamata in Roma e nell’Italia centrale. Befana è pur anche la vecchia che viene in quella notte giù pel camino a portar balocchi e dolci ai bimbi buoni. Con gran frastuono di trombe e trombette celebrasi tradizionalmente in Roma la notte della Befana. Ne Veneto si chiama appunto la Vecieta.
Béguin: capriccio amoroso, dalla parola francese béguin = cappuccio che portano les béguines, specie di religiose: beghine. Anche presso qualche nostro dialetto si dice prendere una scuffia per significare innamorarsi: allusione simile a quella che fa chiamare in francese coiffée una persona presa da alcuna passione. Béguin è vocabolo recente e del gergo. Notevole come alcune voci del gergo francese facciano rapidamente il loro passaggio nella lingua nostra, e tendano poi a scomparire.
Beige: sorta di panno di grossa lana. Confronta la parola viva francese con la parola morta italiana bigello, panno bigio di grossa lana.
Beignet: fr. frittella, e si dice specialmente di pesche o mele.
Bel-ami: titolo di un notissimo romanzo di Guido di Maupassant, Bel-ami ne è il protagonista: personaggio scaltro, senza coltura e senza coscienza, il quale da povero stato col favore delle donne e valendosi di espedienti disonesti, ottiene infine alti gradi ed onore. Questo nome è stato usato talvolta con senso antonomastico.
Bel canto: canto di singole persone, distinto da canto corale, onde maestro, accademia di bel canto.
Bel gesto: V. Gesto.
Belle-mère: voce francese usata talora dal ceto signorile in luogo della corrispondente suocera.
Bello spirito: ricorda il francese bel esprit, locuzione che dal senso buono venne poi scadendo ed indicò una façon prétensieuse de parler et de s’exprimer: con tale senso è usata presso di noi. Le forme schiette dialettali hanno molti vocaboli che vengono a significare lo stesso, specie dal valore del contesto, es. far il lepido, il grazioso, etc.
Belua multorum capitum: così Orazio, acutissimo filosofo e poeta latino, nella prima dello suo Epistole, vs. 76, chiama il popolo: belva dalle molte teste, e un antico chiosatore vi aggiungo come postilla che sarà bene nè tradurre nè lodare: Velut Hydra. Egregia populi descriptio!