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il bacio di lesbia 101

Catullo un giorno se lo vide venire incontro: camminava alla spavalda dondolandosi lieve su le anche come fanno le belle donne. Pugnale al fianco.

— Ehi là, Catulle! come va? Si vales bene est, ego valeo. La mia sorellina è incantata di voi. Qua la mano! Siete simpatico anche a me. È vero che avete una lingua viperina? Bonum! La mia sorellina, che si diverte a far la poetessa, mi ha parlato con molto favore di voi. Ragazza seria, piena di giudizio! Avete attaccato, coi vostri scherzetti, l’amasia di Mamurra, il cane di Cesare. Realmente è una donna che non vale molto per venustà esteriore. Però negli esercizi intimi non manca di pregio. Del resto una donna che riesce a farsi regalare una villa da uno come Mamurra, qualche titolo bisogna che glielo riconosciamo. Vi hanno picchiato, eh? Un’altra volta, se vi dànno molestie, mandate un biglietto a Clodio. Dicono che io sono prepotente: io sono un agnellino.

I grandi occhi neri avevano lampeggiamenti sanguigni.

— Ora ditemi una cosa, Catullo, — continuò Clodio —, siete anche voi di quelli che fanno la corte a Cesare?