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il bacio di lesbia 9

veronese, nato ai tempi di Silla e di Mario, fu nelle sue poesie or lascivo or mordace come colui che non risparmiò neppure il divo Giulio Cesare nei suoi versetti. Ma Cesare fece pace e lo invitò a pranzo. Amò Clodia che lui chiama Lesbia. Poetò intorno al passero di Lesbia e a molte altre cose».

Cercai anche libri moderni, e nella Enciclopedia Britannica trovai che le «oscenità» di Catullo erano chiamate «graziose oscenità». Forse che proprio non fossero oscenità?

Quanto poi a quell’amore per Clodia, o per Lesbia che fosse, trovai detto cosí: «che quest’amore non ha confronti nell’antica letteratura, e per sincerità e per passione».

Non fu verosimilmente questa Clodia o Lesbia una signora da proporre a modello, ma eccezionale dovette essere.

Oltre a questa considerazione, devo dire che quella faccenda del bacio, dei baci, del passerotto di Lesbia mi si trasformò poi stranamente nella imaginativa, altrimenti non avrei mai scritto questo romanzo, il quale, per il solo titolo, rischiava di compromettere la mia buona reputazione.

A. P.

Bellaria, 5 ottobre 1936.