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152 alfredo panzini

E Catullo ragiona ancora:

«Oh, Lesbia, se Catullo solo non ti basta, io sopporterò le infrazioni che tu fai al nostro amore. Si, riconosco: non è mondano, non è elegante mostrar gelosia. Solo ti prego di essere se non puoi più casta, almeno più cauta».

Catullo con questo accomodamento era arrivato alla saviezza nelle cose della vita, ma non ne era contento: una lacerazione è avvenuta dentro di lui; e perciò ripete che sta male, molto male. Male est.

Il suo amore è un istrumento musicale che già fu cosi armonioso; ora alcune corde sono spezzate e altre esasperate. Eros, amore, rugge e fiammeggia come il Mongibello: ma lui non è più lui, ha vergogna di sé perché è scomparsa la dolcezza del caro bene, del voler bene: non restano che le fiamme dei sensi. Ben miserabile si sente, e un Catullo dice all’altro Catullo: « A tal punto tu mi hai ridotto, o Lesbia, che non ho più stima di me stesso. Se anche tu diventassi una fanciulla da bene, non ti potrei più voler bene, e nel tempo stesso se anche tu facessi ogni orrore, non potrei cessare dal desiderarti».


Fra quelli che si godono la sua Lesbia, e Lesbia si gode, v’è Thallo, il fiorente di giovinezza bellissima; e Catullo va da Thallo, e