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il romanzo della guerra 27

no soltanto le macchine di guerra fasciate di quercia di bronzo: il cuore dell’uomo è fasciato di bronzo!

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Le Banche sono affollate: file lunghe, sommesse, pavide, davanti agli sportelli. Buoni Ambrosiani! Un vecchietto si stacca infine con un piccolo fascio di banconote da cinquecento. È felice.

Saluta un amico che sta in fila. Ma, poi, un improvviso dubbio l’assale. Chiede a bassa voce all’amico: — Questa roba qui avrà poi valore?

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Mi raccolgo su me stesso e mi domando: Ma che bisogno ho io; io, individualmente, di pigliarmela così calda? In fondo questa guerra non è il fallimento più clamoroso di tutte quelle idee di umanità, di fratellanza, di pace a cui non ho mai voluto apporre la mia firma, una firma che, in realtà, non valeva niente, ma io non ho mai firmato.

Firmavo, per dovere d’ufficio, le circolari di S. E. il ministro della P. S., quando, in febbraio, invitava i professori di fare le conferenze su la Pace Universale. Vero è che in iscuola io stavo muto come un pesce, con grave scandalo dei miei scolari, i quali volevano anche dalla mia bocca udire la buona novella che le guerre non si troveranno più se non nei manuali di storia.