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il romanzo della guerra | 87 |
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Lunedì, 7 Settembre.
Prego il postino, un buon uomo che ha aggiunto alla naturale semplicità un po’ di conoscenza dell’alfabeto, di cambiarmi un assegno della Banca d’Italia.
— La posta non cambia.
Lo sapevo: ma lo domandai di progetto.
— Perchè?
Risponde gravemente come ammaestrandomi: — Perchè non si fa niente nel mondo senza interesse!
Eppure i Romani scrissero che l’acqua e il fuoco si devono dare gratuitamente. Oh, buon postino, v’è chi dice che non sei istruito abbastanza. Ma tu sei stato all’Università. Romagna, Romagna, se perdi quel poco di generosità e di charitas che ancora possiedi, che ti rimarrà?
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— È vero che si fa la pace? — mi chiede il salumiere. Ha letto il titolo del giornale, che ha lì sul banco. Lo compera per l’occasione, ma gli ci vuol troppo tempo, a leggerlo, e poi libri e giornali van bene per i pensionati o per quelli — come me — che non hanno niente da fare. Ad ogni modo ha letto: «I Governi inglese, francese e russo si impegnano mutuamente a non concludere la pace separatamente durante la guerra attuale.»