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Al mattino fatto viene la Lisetta, e dice: — Che bel sole, eh? — ma io le racconto la storia del gatto.

— Una gatta. È un regalo lasciato dagli inquilini di prima. Povera bestia! Non ha trovato più nessuno in casa, ed è rimasta affamata.

— Ma voi avevate il dovere di spazzare via quella bestiaccia. Che diamine! Io le darò da mangiare una pillola di stricnina.

— Non lo faccia, signore! Sa che ammazzare una gatta che dà il latte, porta disgrazia?

— Dà il latte?

— È il mese di maggio, e la gatta ha fatto i gattini. Ecco qui la colazione.

La Lisetta aveva una tazza di zuppa per la gatta.

— Ma voi siete così tenera con le bestie?

— È la signorina.

*

La Lisetta rassetta la camera. Mi pare abituata ad una pulizia molto sommaria; per lo meno molto a secco. Ah, i miei mobili, i miei parquets lucidi, odorosi di trementina!

— No, no. Quelle cose lì lasciatele stare: metto in ordine io. — Ma lei non se ne discosta. — Sono i miei arnesi di toilette.

— Quanta roba! — esclama. — Questo scatolino cos’è?