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cata, di cui gli altri nemmeno si avvedono, li offende a morte. Sono qualità degenerative dell’animo che non si devono coltivare, ma cercar di estirpare appena appaiono.
Forse un tempo, quando il mondo avea la fortuna di essere un po’ più selvaggio, potevano essere necessarie o per lo meno servire alla parte decorativa della vita; ma oggi che tutto è regolato come un orologio, che la legge e la burocrazia dispensano dall’avere un’idea individuale, un’affettività forte e propria, riescono inutili e dannose.
Ho pensato ad una parabola: un uomo camminava per il deserto affocato. Corone di gigli e di rose stillanti rugiada, portava su la fronte; manipoli di rose e di viole reggeva in pugno: e così di quel profumo confortava il viaggio. Ma non andò a lungo che caddero vizzi i fiori sotto l’implacabile sole, e non altro divennero che inutile peso e materia da letame.
Così, in verità, è per chi viaggia la vita con l’animo ornato di gentilezza e di bontà.
Ma alle volte avviene anche di peggio: costoro si invaghiscono di qualche idea generosa: uno, per esempio, vuol provare che l’anima esi-