Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/128

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Un giorno che si era a spasso assieme, il direttore abbozzando un suo sorriso acido, con la sua voce melata di imperciocchè, squadrata che ebbe di traverso la cagna che mi appuntava, poverina, il muso fra i polpacci, disse con un tono che voleva non parere ed era invece serio nell’intenzione:

— Egregio professore, codesta sua bestiola eccita i sensuali appetiti di tutti i cani della città. Però — aggiunse sorridendo — essa sembra verginella e timorosa di questi amori volgari. Ad ogni modo — concluse mettendo in rettilineo le labbra che prima si erano curvate per il sorriso, e levata la sfumatura di non parere alla voce — ad ogni modo io giudicherei conveniente che ella la ritenesse rinserrata in casa per evitare lo sconcio che imagino pure a lei non debba riuscire piacevole.

— La terrò in casa o la condurrò dove non c’è gente — risposi asciutto asciutto.

— Sarà per lo meglio — e raddrizzatosi e compostosi della figura, sciorinò il Popolo Romano e cominciò con molti: veda! capisce! eppure! la interminabile serie de’ suoi commenti vespertini, da cui lo distoglievano i saluti