Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/150

Da Wikisource.
72 sotto la madonnina del duomo


faceva passare senza pagar gabella, e questa impresa giustificava a se stesso osservando che, avendo passato trent’anni a far eseguire la legge, era giustificabile se qualche volta la avesse frodata nei trenta anni che, a suo giudizio, gli restavano di vita. E giunto al suo domicilio e traendo fuori e sciorinando le provviste sulla tavola, si convinceva sempre di più che Milano è la città più a buon mercato del mondo per chi sa accontentarsi del necessario e dove si trova ogni sorta di ben di Dio, per chi lo vuol cercare. Un fornelletto a gaz gli cuoceva con molta prestezza la colazione; dopo di che egli attendeva a lucidare, scopare, ordinare la sua proprietà.

Le finestre, di fronte all’appartamento di Don Ambrogino sono aperte: un nuovo inquilino è venuto ad abitarvi. Vi si vede come essere in casa loro e si potrebbe sentire quello che dicono. All’accento Ambrogino capì che doveano essere venuti dall’Italia bassa, come la chiamava lui, e che non dovevano essere molto pratici di Milano. — Sono proprio due sposini: sposini freschi per giunta: non fanno altro che baciarsi. —

Don Ambrogino li ha scoperti che si baciavano alla finestra: lei, come si vide scoperta, è diventata rossa ed è fuggita: — Ma fate pure, le mie tortorelle, — aveva sclamato in cuor suo il dabben uomo, — io a queste cose non mi commuovo più: fate: di fuori è freddo, così vi riscalderete. —

Don Ambrogino, diventato libero cittadino, con casa propria, stentò non poco per fare la conoscenza della sua Milano che si era tanto mutata da quella di una volta.