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78 sotto la madonnina del duomo

della finestra e gii faceva vedere il mondo per la prima volta.

Nevicava quella mattina.

— Queste sono disgrazie che non accadono a noi, vera ti? — raziocinò a mo’ di conclusione Don Ambrogino rivolgendosi alla sua stufa, su la quale posava il bricclietto del caffè e latte, giacchè da quell’ingegnoso uomo che era pensava la stufa dover servire a qualche altra cosa oltre che a dare il suo mite calore.

Quanti siano i vantaggi di una grande città come Milano, non è facile numerare: ci proveremo tuttavia:

Quando verso mezzanotte rincasava dalla sua partita a tresette — un giuoco che non lo sanno giocare garbatamente se non a Milano — si era sicuri di trovare sempre le vie illuminate, e che luce! Cadeva la neve? Il giorno dopo non c’era caso di trovarne una falda per terra. Ed egli di tutti questi vantaggi godeva senza spendere niente. Ecco la civiltà! E lo spettacolo della galleria, del corso Vittorio Emanuele, quando tutti i signori vanno fuori prima del pranzo e ci si sente quel lusso che quasi vi mette soggezione, chi lo paga? Egli no di certo! Una sera anzi Ambrogino arrivò a casa tutto profumato. E pur lui soldi in profumi non ne spendeva: ebbene, olezzava di viole come un pratello d’aprile. E anche questo gratis. Basta passar vicino a una signora, eccoti bell’e profumato.

Ma a volerle raccontare tutte non si finirebbe così presto. Se uno vuole istruirsi — il che non era il caso di Don Ambrogino, — vedi quante conferenze, università, quanti circoli di pnblico insegnamento con una filza di professori patentati, più lunga della lista dei piatti del