Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/179

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sotto la madonnina del duomo 101


— No, no, adesso sono tranquilla, sto bene.

— E lui? Pasquà?

— Lui! Oh, ha sofferto anche lui, sì, povero infelice, perchè d’animo non era cattivo. Ma quello che è spezzato non si attaccca più. Liquidazione di tutto, le dico. Meglio cosi! Dopo che lui è passato, avrà bevuto più di una bottiglia di grappa: è diventato più feroce e più bruto di prima. Allora ci siamo accapigliati là, davanti a lui. Non voleva il prete e la croce, io la volevo. Finalmente ha ceduto. Ma ha detto che il cadavere lo vuol sbattere in faccia a qualcuno. Perchè ha detto che se era ricco, il su’ figliuolino non sarebbe morto; ha detto, e mi ha fatto paura.

Domandò Ambrogino: — E adesso dov’è?

— Adesso è andato a chiamare i compagni.

— A che ora lo portano via?

— Alle due, hanno detto, ma con questo tempo chissà se si potrà! Lo vuol vedere?

— No! no! — fece Ambrogino con gran riluttanza.

— Non fa mica paura, sa! — disse la donna sorridendo, — pare così che dorma. Venga!

Ma Ambrogino si tirava indietro.

— No, venga! — e aperse l’uscio della stanza.

Ambrogino allora dovette guardare e vide un corpicino disteso placidamente sul letticciuolo.

— Come è grande! forse perchè è tanto che non lo vedeva più! — sclamò a pena Ambrogino, e rimase con la bocca aperta.

Fra le manine incrociate c’era una corona; e la neve entrava dalla finestra aperta come una schiera di farfalle liete e stranie. Sì, pareva proprio che dormisse: solo quei dentini bianchi che venivano fuori dalle labbra, facevano pena e davano al visino un’espressione amara. Pareva gravemente imbronciato con la vita.

Ambrogino fece senza volerlo un antico, obliato segno