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110 il linguaggio delle pietre e dei pesci

brano monaci incapucciati, non erano gli stessi? e il pesce non era quello? e i marmi della pescheria? Chi distingue il mare, i pesci, i marmi anche dopo venti anni, anche dopo i secoli? Così è degli uomini: gli stessi! eternamente gli stessi!

Però nessuno mi riconosceva, e come a straniero i venditori mi offrivano la merce, e in così grottesco dialetto fatto italiano in omaggio al sembrare io straniero che ne ridevano anche i pesci.

E una donna mi gridò:

— Padroncino, signor conte, vuole uno storione? Cinque franchi: non ce l’ha neppure il figlio del Re uno storione così, oggi a tavola.

E allora mi ricordai la nonna dimenticata e Iddio solo lo sa il perchè mi sentii desiderio di lagrime: mi diceva la nonna quando io da piccino faceva lo schizzinoso per la minestra: «Cosa pretendete, bel cittino, uno storione arrosto?» e da allora mi rimase un gran rispetto per lo storione come di cosa rara e preziosa. Anche «l’erba voglio» mi venne in mente insieme allo storione. Diceva ancora la nonna: «Che cos’è questo «voglio?» Ma non sapete voi che l’«erba voglio» cresce solo nel giardino del papa?»

Ora l’«erba voglio» non la posso nè anche adesso cogliere e per me non germoglia in alcun prato e prevedo che non germoglierà mai; ma lo storione lo avrei potuto comperare per cinque lire. Cinque lire le avevo in tasca; però la nonna non c’era più: e allora mi venne il desiderio di rivedere la casa dei nonni. Ecco, dunque, come è stato.