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188 divagazioni in bicicletta

aperti fìnestroni, finiscono per corrodere quanto di intatto avanza ancora del prezioso mosaico che copre la tribuna. Questo del resto è uno dei templi meglio conservati di Ravenna!

Io non dimenticherò mai l’impressione che mi fece la vista di quel musaico!

Quelle figure palliate a linee rigide, così grandi che si curvano per tutta la vòlta, fra piante, animali e simboli; quegli stellati cieli, que’ prati, ove le capre pascono i mistici gigli, quelle luci di oro o di azzurro, que’ prodigiosi giuochi di ornato bene hanno un significato, una ragione di essere ed esercitano una suggestione potente. Oh, come al confronto è poca cosa l’artificioso simbolismo esotico che tanto piace agli esteti di mestiere!

Da Sant’Apollinare a Ravenna il tragitto è breve: cinque chilometri. Con tutta sincerità: a chi è per temperamento disposto a melanconia ed ha qualche notizia di arte e di storia, non è consigliabile la visita a Ravenna; tutt’al più bisogna fare come fanno i nostri buoni romagnoli delle città vicine: vi vengono pei loro affari, li sbrigano, e poi vanno a mangiare delle eccellenti tagliatelle e a bere dell’Albana squisita al «Cappello».

A Ravenna il peso delle memorie è ingombrante; la desolazione dell’oggi le ingigantisce in un modo doloroso. A Ravenna v’è troppa roba: vi è Grecia e Roma, Bisanzio e Venezia, Giustiniano e Teodorico, San Vitale e Belisario, Dante e la Divina Commedia, Pier Traversaro e Pietro di Dante, Gastone di Foix e Giorgio Byron, Francesca e la Guiccioli. E per quanto abbiano distrutto di musaici, vi rimane ancora tanto di figure, di oro, di fiori da farvi sognare vostro malgrado.