Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/291

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divagazioni in bicicletta 213

Ginepro, tutti noi andiamo fuori, e però fa che quando noi torniamo, tu abbi fatto un poco di cucina a ricreazione de’ frati. Rispuose frate Ginepro: molto volentieri, lasciate fare a me. Essendo tutti li frati andati fuori come detto è, disse frate Ginepro: Che sollecitudine superflua è questa, che uno frate stia perduto in cucina e rimoto da ogni orazione? Per certo, ch’io ci sono rimase a cucinare questa volta; io ne farò tanta, che tutti li frati, e se fossero ancora più, n’averanno assai quindici dì. E così tutto sollecito va alla terra, e accatta parecchie pentole grandi per cuocere, e procaccia carne fresca e secca, polli, uova ed erbe, e accatta legne assai, e mette a fuoco ogni cosa, cioè polli con le penne e uova col guscio, e conseguentemente tutte l’altre cose. Ritornando i frati al luogo, uno ch’era assai noto della semplicità di frate Ginepro, entrò in cucina, e vede tante e così grandi pentole a fuoco isterminato; e ponsi a sedere, e con ammirazione considera e non dice nulla, e ragguarda con quanta sollecitudine frate Ginepro fa questa cucina. Perocchè ’l fuoco era molto grande, e non potea troppo bene approssimarsi a schiumare, prese un’asse, e colla corda se la legò al corpo molto bene istretta, e poi saltava dall’una pentola all’altra, ch’era uno diletto. Considerando ogni cosa con sua grande ricreazione questo frate, esce fuori di cucina, e truova gli altri frati e dice: Io vi so dire, che frate Ginepro fa nozze. I frati ricevettero quel dire per beffe. E frate Ginepro lieva quella pentola dal fuoco, e fa suonare a mangiare: e gli frati si entrano a mensa, e viensene in Refettorio con quella cucina sua, tutto rubicondo per quella fatica e per lo calore del fuoco, e dicea alli frati: Mangiate bene; e poi andiamo tutti all’orazione, e non sia nessuno che cogiti più a questi tempi di cuocere; perocch’io ho fatta tanta cucina oggi, che io ne avrò assai più di quindici dì.