Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/297

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divagazioni in bicicletta 219

polverosa ed alcune ragioni intime che mi sorpresero alla Pieve, in forma di lettera, mi costringevano ad avere un orario, in altri termini ad affrettare la fine del viaggio.

Però la sollecitudine non fu così grande che io a Fermignano non deviassi un lungo tratto dalla via che quivi si stacca e conduce ad Urbino. E di ciò fu cagione il desiderio di vedere il Furlo che è una specie di orrido, lungo la antica via consolare Flaminia, a poca distanza da Fossombrone.

Il Furlo nella istoria del brigantaggio, ha una pagina notevole, e il ricordo delle diligenze svaligiate è vivo tuttora nella memoria dei nostri vecchi.

La vista del Furlo vince l’imaginazione, e affinchè questa frase non sembri iperbolica, io voglio dire che qualunque viandante non può credere che quivi, tra Fermignano e Fossombrone, in cui non sono più monti nè poggi, ma colline dal dolce e ben coltivato pendio, possa trovar luogo questo bizzarro e pauroso scherzo geologico.

Si direbbe che il fiume Metauro trovando chiusa da ogni parte la valle, si sia aperta da per sè la strada verso il mare spaccando sino al fondo una collina grande a forma di mammella che gli intercettava il passaggio; e le acque che già si tinsero della strage di Asdrubale, scrosciano irose, nello stretto e sassoso fondo dell’abisso. Le due pareti del monte si innalzano ad altezza inuguale di cento o centocinquanta metri e fors’anche di più, ma sono così prossime e si svolgono con curva così bizzarra che sembrano toccarsi: certo il sole non vi trova passaggio se non per certi suoi giuochi di luce e solo quando vi cade a piombo; a pena piega ad occidente, entro il Furlo cadono le tenebre ed il rigido della sera.

Il macigno che forma le due pareti è bello, venato