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220 divagazioni in bicicletta

di rosso e termina a pinnacoli e guglie, sorrise allora dal sole morente e dove ben fissando con gli occhi in su si distingueva qualcosa di bianco e di moventesi, tratto tratto: alcune capre.

Per quel meandro, lungo oltre un miglio, i Romani fecero passare con semplice arditezza la via consolare Flaminia, importantissima, che congiungeva Roma all’Alta Italia, e a Fano si univa alla litoranea: era anche sin dopo il 1860 la via delle diligenze per Roma, ma il vapore oramai ne ha fatto una strada di importanza poco più che locale. Poche sono le opere d’arte, tra cui una galleria con sopra una semplice iscrizione del tempo, parmi, di Vespasiano.

Il timore di essere sorpreso dalla notte nella gola del Furio mi fece rimontare in sella senz’altro e retrocedere; ma appena ne fui fuori, mi accorsi con molta sorpresa che il sole era ancora sopra all’orizzonte, non per molto tempo certo, ma assai per arrivare ad Urbino prima di notte.

Urbino, sull’alto del colle, si presenta bene, ampiamente turrita, svelta, quasi ridente: ma da vicino porta le terribili stimate delle cose morte. Io non so come ciò avvenga, ma io non credo che siano le cose che muoiano — il palazzo feltresco, montagna di arte e di marmi, è ad esempio di una giovinezza disfidante ancora gli anni attraverso tutte le deturpazioni possibili — ma sono gli uomini che insteriliscono, invecchiano presso le ombre delle grandi memorie, come i bambini che dormono accanto alle vecchiardi Una via lunga in salita, sudicia, seminata di donne che lavorano all’aperto, di bambini e d’altro, mi si aprì davanti a pena passata un’alta porta antica.